È stato appena pubblicato su Nature Genetics, la più prestigiosa rivista scientifica internazionale di genetica umana, uno studio collaborativo che ha identificato 40 nuovi fattori di rischio genetico per la malattia di Alzheimer. Lo studio ha, inoltre, confermato il ruolo di altri fattori già noti ed è stato possibile generare uno score di rischio per la malattia che potrà essere usato per la sperimentazione di nuovi farmaci. Lo studio per la prima volta ha scoperto il ruolo dei geni connessi con il fattore TNF-alpha nella modulazione della malattia di Alzheimer. Anche questo peptide correlato all’infiammazione potrà essere target per trattamenti specifici che possano rallentare la progressione della malattia. Infine, sono stati isolati alcuni geni che hanno un ruolo non solo nella malattia di Alzheimer, ma anche in demenze correlate come la demenza frontotemporale e la demenza a corpi di Lewy. Inoltre la ricerca ha chiarito il ruolo delle cellule microgliali nella progressione della malattia. Le cellule microgliali sono cellule “spazzine” cerebrali che provvedono alla rimozione di proteine anomale che possono essere neurotossiche. L’attivazione eccessiva delle cellule microgliali può essere causa del danno secondario che si osserva nella malattia. A questa importante ricerca ha partecipato il Centro Alzheimer universitario della Città della Salute di Torino. Il Centro, coordinato dal professor Innocenzo Rainero con la collaborazione dei ricercatori Elisa Rubino, Silvia Boschi e Fausto Roveta, ha selezionato numerosi pazienti piemontesi per lo studio. Uno studio enorme a livello mondiale, che è stato possibile grazie alla costituzione di un grande network europeo di ricercatori (European Alzheimer and Dementia Biobank – EADB) che, in collaborazione con ricercatori statunitensi ed australiani, ha permesso di raccogliere campioni di DNA di più di 110.000 pazienti affetti da Alzheimer e di confrontarli con quelli di 750.000 soggetti sani. La malattia di Alzheimer è la principale causa di demenza. È stato calcolato che, a livello mondiale, più di 50 milioni di persone siano affette da demenza e, se non verrà trovata alcuna cura, nel 2050 la prevalenza di tale malattia sarà triplicata. In Piemonte, ad esempio, vi sono più di 60.000 persone affette da deficit cognitivo grave. I costi sanitari, familiari e sociali per l’assistenza a questi pazienti sono drammatici. Le importanti scoperte rivelate in questo studio ci avvicinano all’identificazione di nuove terapie efficaci per questa devastante malattia.