Il possibile utilizzo di sostanze psichedeliche usate a fini terapeutici in micro-dosi, ossia minime quantità che non inducono allucinazioni, sta ritornando al centro del dibattito scientifico nella letteratura internazionale. Uno studio pubblicato sulla rivista ‘Neuropsychopharmacology’, coordinato da Gabriella Gobbi del Dipartimento di Psichiatria della McGill University di Montreal, a cui ha partecipato Stefano Comai del Dipartimento di Scienze del Farmaco dell’Università di Padova e che ha come primo autore Danilo De Gregorio dell’Università Vita Salute San Raffaele di Milano, rivela i meccanismi neurobiologici, precedentemente inspiegati, attraverso i quali l’Lsd (dietilamide dell’acido lisergico) potrebbe alleviare i disturbi d’ansia. Il team di ricerca internazionale ha determinato gli effetti di una somministrazione di basse dosi di Lsd, per un periodo di sette giorni, su un gruppo di animali soggetti a condizioni di stress cronico. Due i principali risultati: da un lato le micro-dosi ripetute di Lsd porterebbero a una riduzione dei comportamenti ansiosi causati dallo stress, dall’altro la riduzione dei sintomi dell’ansia segue percorsi neurobiologici simili agli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina, cioè quelli di alcune classi di antidepressivi e ansiolitici comunemente prescritti nella pratica clinica. Lo studio pubblicato dimostra che periodi prolungati di stress provocano una diminuzione dell’attività dei neuroni della serotonina. Con meccanismo analogo agli antidepressivi Ssri comunemente in commercio (inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina), i ricercatori hanno scoperto che l’Lsd desensibilizza i recettori della serotonina che regolano l’attività stessa dei neuroni serotoninergici. Il risultato finale di questa desensibilizzazione in seguito a trattamento prolungato con Lsd a basse dosi è che questi neuroni serotoninergici rilasciano più serotonina.