Il fisco fa pagare le imposte a quasi 100 mila società in perdita.
Il 22% delle società che presentano una perdita civilistica (circa 94 mila soggetti) hanno infatti ribaltato il risultato d’esercizio, trasformato dal fisco da “negativo in positivo” con correlato reddito imponibile Ires e conseguente pagamento delle imposte.
Questo accade per effetto delle cosiddette variazioni in aumento ovvero l’effetto principalmente prodotto dall’indeducibilità fiscale, parziale o totale, di costi di competenza sostenuti dalle imprese.
La maggiore incidenza della trasformazione del risultato economico da perdita civilistica a utile fiscale si riscontra nel settore immobiliare che in media presenta il 36% delle società in perdita chiamate comunque al versamento delle imposte.
Questi sono solo alcuni dei dati indicati nel documento pubblicato dal dipartimento delle finanze del Mef sulle statistiche Ires per l’anno d’imposta 2019.
A livello generale il documento evidenzia che nell’anno oggetto di monitoraggio, il 64% dei soggetti gravati potenzialmente da Ires dichiara un reddito d’impresa rilevante ai fini fiscali, mentre il 29% dichiara una perdita ed il restante 7% risulta in pareggio.
I soggetti che dichiarano un reddito risiedono per il 47% al nord e per circa il 29% al sud e isole, per i soggetti con perdita le percentuali diventano rispettivamente 46% e 29%.
L’ammontare totale dichiarato risulta pari a 184.1 miliardi di euro, valore in incremento del 5,5% rispetto al 2018.
Focalizzandoci sul risultato civilistico, i contribuenti Ires che hanno un utile da bilancio sono pari al 58% del totale mentre quelli che hanno una perdita rappresentano il 34% del totale.
Da qui poi è riscontrabile l’effetto fiscale che ribalta per il 22% dei soggetti il risultato civilistico di perdita in utile fiscale con correlato pagamento di imposte.
La forte incidenza di tale effetto per il settore immobiliare è legata principalmente alle numerose disposizioni che limitano la deducibilità dei costi per queste attività, primo tra tutti quello sostenuto per l’Imu (l’imposta municipale unica) solo parzialmente deducibile nell’anno 2019 per gli immobili esclusivamente strumentali e completamente indeducibile per quelli “patrimonio” e ad uso promiscuo.
Nel settore limitazioni vi sono anche per quanto riguarda gli interessi passivi corrisposti nell’anno e per tutte le spese collegate ai citati immobili patrimonio come, ammortamenti e spese di manutenzione straordinaria e gestione ritenute generalmente non deducibili.
Va specificato però che a livello generale, il passaggio da perdita civilistica a utile fiscale può avvenire anche in conseguenza di variazioni in aumento positive per il contribuente, legate magari alla rateizzazione di plusvalenze su cessioni di beni strumentali la cui incidenza civilistica si manifesta nell’annualità dell’avvenuta cessione ma l’effetto fiscale può ridondare per il quinquennio successivo.
Cala l’effetto ribaltamento rispetto al 2018. L’annualità 2018 vedeva oltre 100 mila imprese in perdita civilistica passare all’utile fiscale. In termini percentuali si trattava del 24% dei soggetti in perdita (rispetto al 22% del 2019) anche se, a livello generale, in termini percentuali le due annualità (2018 e 2019) presentano un’identica proporzione tra soggetti con reddito d’impresa rilevante ai fini fiscale (il 64%), in perdita (il 29%) ed in pareggio (7%).
L’annualità 2018 però vedeva un maggior impatto dell’effetto ribaltamento sul settore immobiliare con il 39% dei soggetti in perdita (rispetto al 36% del 2019) chiamati ugualmente al versamento delle imposte per effetto delle variazioni in aumento.
Giuliano Mandolesi, ItaliaOggi