Stop con lo smart working di emergenza: dall’1 aprile il lavoro agile torna a essere consensuale, ma con una procedura più snella, adatta a una modalità di lavoro che non riguarda più l’esigua minoranza prepandemia, ma a regime tra i 4 e i 5 milioni di lavoratori, secondo le stime dell’Inapp e dell’Osservatorio del Polimi. Il ministero del Lavoro sta preparando una norma che verrà inserita con molta probabilità nel Dl Sostegni Ter, o comunque “nel primo veicolo normativo possibile”, e che delegherà il ministro Andrea Orlando a emanare un decreto che permetterà la comunicazione “massiva” degli accordi individuali. Fermo restando che non ci sarà più la possibilità unilaterale del datore di lavoro di decidere chi sta in smart working e per quanto tempo, e tornerà in vigore l’accordo individuale tra le parti previsto dalla legge 81/2017, cambierà però la procedura, troppo complessa, che sarebbe d’intralcio alle tantissime impresa interessate a proseguire con il lavoro agile ma magari con modalità diverse, in cui si alterna il lavoro a distanza con quello in azienda.
“Il protocollo nazionale sul lavoro agile del 7 dicembre prevede all’articolo 15 che le parti sociali chiedano con urgenza una semplificazione del regime delle comunicazioni obbligatorie. – ricorda Pasqualino Albi, professore di diritto del Lavoro all’Università di Pisa e consigliere del ministro Orlando – un’esigenza che nasce dal numero dei lavoratori interessati. Le parti sociali prevedevano già a dicembre che, alla fine dell’emergenza, tornare alla procedura della legge 81/2017 sarebbe stata una soluzione molto pesante dal punto di vista organizzativo. La legge rinvia alla disciplina delle comunicazioni obbligatorie dei contratti collettivi di lavoro, ma l’accordo sullo smart working non è un nuovo contratto. E quindi per non appesantire le imprese e la macchina amministrativa, anche se si tornerà all’accordo individuale, i datori di lavoro faranno ricorso ad una modalità semplificata simile a quella sperimentata durante la pandemia, senza obbligo di trasmettere l’accordo individuale”.
Accordo che potrebbe essere stipulato con modalità diverse che in passato. La relazione finale del gruppo di studio nominato dal ministro Orlando, appena consegnata al ministero, sottolinea come, pur tenendo ferma la volontarietà dell’accordo, e quindi il consenso del lavoratore, andrebbe valorizzata maggiormente la contrattazione collettiva, nonostante la legge 81/2017 non vi faccia alcun riferimento. “La prospettiva di un ricorso al lavoro agile ben più intenso rispetto al passato – si legge nella relazione – impone di considerare la funzione regolativa svolta dalla contrattazione collettiva, anche alla luce della circostanza che i contratti mostrano una propensione a prevedere elementi di criticità non ancora rilevati dalla legge ed hanno dimostrato una buona capacità di bilanciare gli interessi in gioco”.
“Ha molto senso semplificare l’obbligo di comunicazione – osserva la segretaria confederale della Cgil Tania Scacchetti – E quella dell’accordo collettivo o aziendale per il passaggio allo smart working a regime è la strada più naturale, anche se c’è il rischio che la semplificazione si trascini via anche degli obblighi. Un rischio che dobbiamo evitare, comuque lo smart working è e deve rimanere una scelta volontaria“.
Il governo interverrà solo sulla semplificazione delle comunicazioni dell’accordo al ministero del Lavoro, non si pensa a una riforma della legge 81/2017, per la quale invece si sta lavorando da mesi a Montecitorio. Dopo settimane di audizioni, è stato elaborato un testo di legge unitario, che a brevissimo potrebbe iniziare il suo percorso, partendo dalla Camera. “Il protocollo siglato con i sindacati e le organizzazioni datoriali – rileva Albi – rimane una cornice di regole, di linee di indirizzo alle quali possono attingere le parti sociali nella contrattazione collettiva. E in futuro, se ci sarà una legge, potrebbe essere un punto di riferimento per le nuove norme. Al momento però lo smart working è un fenomeno in piena evoluzione, che va ancora monitorato, e quindi forse un protocollo sindacale è uno strumento più agile, che si presta maggiormente a questo scopo”.
D’altra parte la legge è ancora in attesa delle osservazioni dei vari gruppi politici, spiega la relatrice Maria Pallini (M5S): “La legge 81/2017 è troppo generica. Il punto principale su cui siamo intervenuti è il diritto alla disconnessione, va stabilito un’orario oltre il quale il lavoratore non possa essere disturbato. Poi abbiamo abbassato all’1% i premi Inail e abbiamo inserito all’interno della proposta degli incentivi per l’utilizzo dello smart working, in particolare per l’acquisto delle piattaforme tecnologiche e di altra strumentazione. La legge interviene solo per quote di smart working dal 30% in poi”.