(di Luca Josi per il Corriere della Sera) Lo scorso aprile Mark Zuckerberg, alla vigilia dei Natali di Roma, passeggiava per Roma. Stando a Palo Alto. Inforcando i suoi occhiali per la realtà virtuale, in realtà camminava nella nostra capitale di duemila anni fa, poi di cinquecento, trecento, duecento anni or sono. Fino a quella del novecento. Cosa incuriosiva tanto una persona che ha chiamato le sue due figlie Maxima e August? Probabilmente la prospettiva che Roma antica regalò al futuro. L’oggetto del suo interesse era il Mausoleo di Augusto – digitalmente riprodotto da TIM nelle sue varie vite – costruito per un uomo che ha dato il suo nome a un dodicesimo dell’anno in cui viviamo, agosto, e che unì, organizzò e sviluppò un impero complesso. Perché il Metaverso potrebbe rappresentare una grande occasione di crescita per l’Italia? Da queste parti, nel diciannovesimo secolo, fu abbattuto un ostacolo preistorico appagando un interrogativo ancestrale: il poter domandare, con la nostra voce, alle persone che amiamo, ma distanti da noi, “come stai?” (logistica emotiva). Oggi, in un pianeta che oltre ai suoni trasporta le immagini, siamo prossimi a ricostruire spazi tridimensionali in cui calarci (logistica emotiva e spaziale). Se nel tempo precedente un indicatore della crescita materiale era rappresentato dall’acquisto della propria dimora, nel mondo virtuale la riconoscibilità sociale potrà realizzarsi lì. Se ci vorremo raccontare attraverso una capanna o un castello, quella capanna o castello andranno comprati, se già esistenti, o progettati e realizzati, se da inventare (la figlia piccola di un mio caro amico quest’ anno gli ha chiesto non un nuovo vestito per la sua nota marca di bambole, ma quello per il suo avatar, perché le dispiaceva vederlo meno curato di quello delle sue amiche). E se la creazione di questo infinito sarà legata alla fantasia, alla capacità d’intuire innovazioni, probabilmente, ancora una volta nella storia, questo nostro, strano, Paese risulterà centrale. Siamo un popolo scaturito dall’incrocio di moltitudini di genti che, per le ragioni più variegate della storia, si sono trovate e poi hanno scelto di vivere questa terra così delicata, multiforme e accogliente che è l’Italia. Forse, ancora una volta, possiamo candidarci ad accogliere le migliori fantasie della creatività umana, come è già stato in molte epoche precedenti. Perché il genius loci non sta, appunto, in una genia speciale ma, probabilmente, nel luogo che ci accoglie per la sua luce, il suo clima e i suoi sapori, che consentono al device più raffinato con cui ci confrontiamo, il nostro corpo, di produrre da queste nostre parti le cose migliori, riconosciute nel tempo e nello spazio, della nostra breve civiltà. Come accadrà tutto questo? Come tante volte nella storia, inciampandoci dentro grazie a un misto di tenacia, genio e imprevisto. E tutto sarà funzione solo dell’immaginazione, del lavoro creativo e realizzativo umano. Concepiremo luoghi che allevieranno la realtà di persone obbligate a un letto di un ospedale; lezioni che trascineranno studenti svogliati a camminare tra le strade dei protagonisti di un passato che, un tempo, poteva affascinarti solo attraverso la parola scritta; oppure daremo vita a sale riunioni, più coinvolgenti di quelle reali, per persone distratte e sparse per il mondo. Sarà l’Italia a ospitare una «Meta Valley» che ci accompagnerà nel domani? Possibile. Lo scopriremo solo vivendo, soprattutto vivendoci dentro.