La proposta di ridurre la settimana lavorativa da 5 a 4 giorni arriva dal Paese tristemente famoso per le morti da super lavoro. A cui si aggiunge la piaga della crescita zero, che potrebbe comprometterne la produttività negli anni a venire
Lavorare meno, lavorare meglio. Forse, una delle sfide maggiori del XXI° secolo è proprio questa: riuscire a vivere dignitosamente con il proprio lavoro senza compromettere il work life balance, ovvero il tanto agognato equilibrio tra professione e vita privata, per molti ancora solo una chimera.
Il Karoshi, la morte per super lavoro
In quella che è, suo malgrado, la patria tristemente famosa per le cosiddette morti per super lavoro (esiste un termine giapponese apposito, “karoshi“) si sta prendendo coscienza che, soprattutto nel post pandemia, la società è cambiata. In molti hanno tratto giovamento dal poter trascorrere più tempo a casa, anche solo per prendersi cura di anziani, bisognosi o bambini. E tutto questo senza che la produttività del lavoratore venisse compromessa.
Da qui arriva infatti la proposta del governo, che ha deciso di spingere le aziende del Paese a lasciar scegliere ai propri dipendenti se lavorare 4 oppure 5 giorni alla settimana. L’obiettivo, ovviamente, è la salute fisica ma soprattutto mentale del lavoratore, tema tendenzialmente mai troppo dibattuto nel Giappone.
Il duplice obiettivo del governo
Questa novità, inserita nel Piano economico annuale, ha un duplice e importante obiettivo. Da un lato vorrebbe spingere a migliorare il tasso di produttività del dipendente, permettendogli, se volesse, di aggiornare le proprie competenze professionali. Dall’altro, è volto allo stesso tempo a garantire più tempo libero per la propria famiglia. Bisogna infatti ricordare che il Paese, da decenni, combatte il problema della crescita zero.
E questo aspetto determinerà la sua produttività in modo importante negli anni a venire: l’invecchiamento della popolazione in Giappone è più veloce rispetto a quello di qualsiasi altra nazione. Secondo una stima del 2016, gli over 65 costituivano il 27,3% della popolazione totale: questa è la più alta percentuale al mondo e ha innescato preoccupazioni circa il futuro economico della nazione e la vitalità del suo stato sociale. Se non si inverte in fretta questo trend, nel 2060 gli over 65% saranno quasi la metà della popolazione.
Risulta quindi evidente come questa novità introdotta dal governo, che oggi sembra ancora una scelta libera, potrebbe rivelarsi una scelta obbligata, dalla quale si determineranno, sul lungo periodo, le sorti di uno dei Paesi più avanzati al mondo.