Narriamo la vicenda, ancora in corso, di Giorgia e Simone che hanno deciso di sposarsi.
Entrambi divorziati. Il matrimonio si svolgerà in Grecia. Consapevoli che sposandosi all’estero avrebbero dovuto affrontare un iter diverso da quello precedente, e che occorre un certificato che in Italia non esiste: quello di capacità matrimoniale in formato internazionale.
Qui la storia assume una piega assurda, illogica e ancora da risolvere.
Simone non ha problemi a chiedere ed ottenere il certificato di capacità matrimoniale.
A Giorgia, invece, viene chiesta una certificazione medica che attesti che non sia incinta dall’ex-marito.
Tante le domande e le considerazioni che affollano la mente ma la consapevolezza, ahimè!, è una: in assenza di questo certificato non ci sarà alcun matrimonio!!!
Giorgia, in disaccordo e costernata, fa le analisi del caso.
Perché questa richiesta?
E’ quanto disposto dall’articolo 89 del codice civile italiano.
Da avvocato, ho sgranato gli occhi.
Non può essere per tre motivi:
– l’articolo 89 cc contempla l’ipotesi del lutto vedovile. Una vecchia disposizione che istituiva divieto temporaneo di sposarsi per accertare che la vedova non fosse incinta del de cuius prima di risposarsi.
– grazie alla legge sul divorzio e alla riforma del diritto di famiglia, i termini previsti dall’art. 89 cc non sono applicabili ai divorziati.
– per onorare l’art. 89 cc non basta un certificato che attesti che Giorgia non aspetti un figlio, per sposarsi occorre provvedimento del Tribunale.
Cerchiamo di comprendere come vi sia un errata interpretazione della Legge.
Cosa prevede l’articolo 89 codice civile?
La nuova formulazione dell’articolo 89 codice civile: “Non può contrarre matrimonio la donna, se non dopo trecento giorni dallo scioglimento, dall’annullamento o dalla cessazione degli effetti civili del precedente matrimonio. Sono esclusi dal divieto i casi in cui lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del precedente matrimonio siano stati pronunciati in base all’articolo 3, n. 2, lettere b) ed f), della legge 1° dicembre 1970, n. 898, e nei casi in cui il matrimonio sia stato dichiarato nullo per impotenza, anche soltanto a generare, di uno dei coniugi. Il tribunale con decreto emesso in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero, può autorizzare il matrimonio quando è inequivocabilmente escluso lo stato di gravidanza o se risulta la sentenza passata in giudicato che il marito non ha convissuto con la moglie nei trecento giorni precedenti lo scioglimento, l’annullamento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio. Si applicano le disposizioni
dei commi quarto, quinto e sesto dell’articolo 84 e del comma quinto dell’articolo 87. Il divieto cessa dal giorno in cui la gravidanza è terminata.”
L’articolo fonda la richiesta del certificato indicando in quali casi non si applica.
Controllando la legge sul divorzio (898/70), con riferimento all’articolo 3, n. 2, lett. B scopriamo che a Giorgia una tale richiesta NON POTEVA E NON DOVEVA ESSERE FATTA: “Lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio può essere domandato da uno dei coniugi: 2) nei casi in cui: a) l’altro coniuge è stato assolto per vizio totale di mente da uno dei delitti previsti nelle lettere b) e c) del numero 1) del presente articolo, quando il giudice competente a pronunciare lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio accerta l’inidoneità del convenuto a mantenere o ricostituire la convivenza familiare; b) è stata pronunciata con sentenza passata in giudicato la separazione giudiziale fra i coniugi, ovvero è stata omologata la separazione consensuale ovvero è intervenuta separazione di fatto quando la separazione di fatto stessa è iniziata almeno due anni prima del 18 dicembre 1970. In tutti i predetti casi, per la proposizione della
domanda di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, le separazioni devono essersi protratte ininterrottamente da almeno dodici mesi dall’avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale e da sei mesi nel caso di separazione consensuale, anche quando il giudizio contenzioso si sia trasformato in consensuale, ovvero dalla data certificata nell’accordo di separazione raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita da un avvocato ovvero dalla data dell’atto contenente l’accordo di separazione concluso innanzi all’ufficiale dello stato civile. L’eventuale interruzione della separazione deve essere eccepita dalla parte convenuta.”
Infine occorre porsi alcune domande.
– posto che l’art. 89 cc prevede anche autorizzazione del Tribunale per essere esonerati dal rispetto del divieto temporaneo, perché a Giorgia è stato chiesto il certificato medico?
– se Giorgia fosse stata incinta quali e quante analisi sarebbe stata costretta a fare per provare che il feto/ bimbo era del suo futuro marito?
– non si sta violando la privacy di Giorgia?
– sul sito dell’Ambasciata Italiana ad Atene non dovrebbe essere presente una tale informazione? https://ambatene.esteri.it/ambasciata_atene/it/informazioni_e_servizi/servizi_consolari/stato-civile.html
– ha senso che una tale legge continui ad esistere?
Possiamo solo sperare che Giorgia e Simone possano avere il matrimonio che desiderano ma di sicuro questo è già diventato indimenticabile.
Ps
la storia è vera, i nomi degli sventurati sono diversi
Sara Astorino, legale, consulente Aduc