Da ottobre si tornerà alla “normalità” ed alla disciplina del lavoro agile, normato dalla Legge 81 del 2017. Salvo accordi individuali.
Amato da alcuni, odiato da altri, lo smart working ha rivoluzionato il lavoro durante la pandemia, con vantaggi e svantaggi per dipendenti e datori di lavoro. Una esperienza di massa che è destinata a finire con la scadenza del 30b settembre. Da ottobre si tornerà alla “normalità” ed alla disciplina del lavoro agile, normato dalla Legge 81 del 2017.
La più grande novità, per chi vorrà mantenere lo smart working, sarà la necessità di stipulare un accordo individuale con ciascun dipendente, in luogo del semplice elenco dei dipendenti in smart working trasmesso dall’ufficio del personale durante l’emergenza. Un onere dovuto anche nel caso in cui siano stati stipulati accordi con i sindacati in azienda.
I numeri del lavoro a casa
I numeri dello smart working sono impressionanti. Prima della pandemia quasi non esisteva: su 18 milioni di lavoratori presenti in Italia era appannaggio di appena 570 mila dipendenti. Con il primo lockdown c’è stato un ricorso generalizzato alla smart working 5 giorni su 5 per tutti i lavori “smartizzabili” per 6.580 mila dipendenti. Cosa si attende per il futuro: Si stima che da fine 2021, con la nuova “normalità”, resteranno a casa 5.350.000 persone per un tempo “parziale” (nel privato per 2,7 giorni la settimana e nel pubblico0 1,4 giorni).
Serve una nuova regolamentazione?
Ottobre è indubbiamente vicino e la pandemia non è ancora alle spalle, un “rientro” di massa rischia di provocare nuove impennate dei contagi e nuovi focolai. Per questo motivo ci si domanda se sarebbe opportuno modificare la normativa sullo smart working, ma i sindacati non sono inclini a questa soluzione.
Più probabile invece la sigla di un protocollo nazionale sullo smart working, come avvenuto per quello sulla sicurezza sui luoghi di lavoro, che dovrebbe essere siglato dalle parti sociali con il Ministero.
Vi sono poi società e settori più inclini a mantenere il lavoro da casa. Ne fa una rapida carrellata il Corrienre della Sera in base alle dichiarazioni di intenzione.
Chi è più smart?
L’Eni è stata una delle prime aziende a imboccare la strada dello smart working di massa allo scoppio della pandemia, oer 21mila persone nel mondo, e valuta questa esperienza molto positivamente.
Cosi anche altre grandi aziende, come Enel o Generali Assicurazioni, che hanno inserito il lavoro agile anche nelle strategie d’impresa e nel piano di sostenibilità.
Un comparto che è tendenzialmente smart è quello delle telecomunicazioni. Molte aziende hanno già annunciato accordi per mantenere lo smart working anche oltre l’emergenza: ultima in ordine di tempo Ericsson che l’ha prorogato sino al 2023. ma anche Vodafone, Tim, Windtre, Fastweb, Open Fiber. Per i call center si profila invece un accordo quadro di settore tra Asstel e sindacati.
Il settore bancario attualmente è in smart working al 100%, ma il contratti di categoria prevede una quota massima del 10%. Sembra difficile però una rinegoziazione del contratto che spinga verso un ricorso di massa, vista la contrarietà della Fabi, il maggior sindacato di categoria.
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