Costanza Esclapon de Villeneuve, Presidente di Esclapon&Co e consigliere di amministrazione di Enel, Mediaset, Prelios SGR e del FAI, è il nostro nuovo ospite per la rubrica Sustainability Talk. Un percorso professionale vissuto ai vertici della comunicazione di alcune tra le maggiori aziende italiane: da Intesa Sanpaolo a Wind, da Alitalia e Rai. Esperienze vaste e differenziate, che la hanno portata ad insegnare Comunicazione d’Impresa in Sapienza a Roma ed in Cattolica a Milano e che le hanno consentito di sviluppare una visione d’insieme approfondita, originale e ficcante.
La sostenibilità? Spesso ambientale e limitata nell’ambientale
“La sostenibilità? Il livello di attenzione delle persone comuni è spesso più alto di quello dei manager delle aziende, anche delle più grandi. Se ne parla, è utile parlarne anche in ottica di marketing e di relazioni con gli stakeholder, ma spesso ci si ferma lì”. Parole dure quelle di Costanza Esclapon de Villeneuve, figlie di una lunga esperienza sul campo. “Quello della sostenibilità è troppo spesso considerato un tema accessorio: basta guardare ai Consigli di Amministrazione: ci sono comitati dedicati a ‘Governance e Sostenibilità’ o a ‘Rischi e Sostenibilità, tanto per fare un paio di esempi. Ma sono poche le aziende che a questo importante tema dedicano un comitato specifico nel CdA. A mio parere, però, non si può continuare a ragionare ‘attaccando’ la sostenibilità da qualche parte solo perché è necessario: sarebbe importante, invece, avere un comitato che si occupi semplicemente di sostenibilità, perché il tema è molto rilevante e sempre di più lo sarà in futuro. Dovrebbero inoltre essere organizzate delle sessioni di induction per i consiglieri di amministrazione sul significato di sostenibilità, sullo stato della legislazione, su quali potrebbero essere i benefici e su come è vista dall’azienda. Non è un tema secondario”.
Ma se questa osservazione può tracciare una strada da seguire per far sì che il concetto assuma una rilevanza anche a livello pratico, è evidente che anche a livello teorico sia ancora necessario fare chiarezza. “Magari la sostenibilità è percepita dalle aziende come un tema importante, ma non è ancora abbastanza chiaro né che cosa sia, né il perché sia così importante. Tant’è che in molti casi è ancora limitata alla sola dimensione ambientale. E non solo: talvolta è anche una visione ambientale limitata nell’ambito dei temi ai quali si dovrebbe guardare quando si parla di ambiente. La sostenibilità è un concetto molto complesso, ma spesso in Italia è pensato come un ‘abbellimento’, e ridotto a poco più della raccolta differenziata dei rifiuti”.
La sostenibilità digitale a partire dalla digitalizzazione
Ma se la sostenibilità è un concetto complesso, è pur vero che può avere nelle tecnologie digitali dei sempre più decisivi abilitatori. Ma quanto, questo, è percepito nel contesto aziendale? “Secondo me ancora meno rispetto alla percezione – già limitata – sul ruolo della sostenibilità. A mio avviso, anche la maggioranza di coloro che hanno una percezione corretta della sostenibilità non hanno ancora ben chiaro quale possa essere il ruolo della digitalizzazione. Anche perché, se capissero appieno che alla fine ci potrebbero essere dei ritorni, molte più aziende avrebbero già intrapreso questo percorso”.
Un percorso certamente non semplice, ma nel quale, come abbiamo visto anche con Carlo Bozzoli (CTO di ENEL), bisogna permettere alle tecnologie di ridefinire il funzionamento dell’azienda nel suo intimo. Per questo, secondo Costanza Esclapon de Villeneuve, è necessario “ripensare l’azienda perché sia digitale, e attraverso ciò renderla sostenibile. Quando un’azienda nasce digitale, nasce con dei processi che sono pervasivi. È difficile, quindi, che le aziende tradizionali possano affrontare un percorso digitalizzando solo alcuni settori: devono avere la consapevolezza che se quella è la strada che vogliono intraprendere, ci sarà una rivoluzione tale che interesserà tutti i modelli e tutti gli strumenti utilizzati fino a quel momento. Quando un’azienda viene digitalizzata, tutto quello che sta ‘fuori’ dalla digitalizzazione è spreco, anche una telefonata. Questa trasformazione dovrà partire in primis dal consiglio d’amministrazione che dovrebbe dare tutto l’endorsement possibile all’amministratore delegato e al management, che ci deve credere. Inoltre, è importante anche il racconto che viene fatto sia all’interno dell’azienda, sia a tutti gli altri stakeholder. Stakeholder che a loro volta interagiranno con un’azienda che ha cambiato completamente il proprio modello”.
Quindi, perché questa trasformazione possa realmente concretizzarsi, è necessario e fondamentale che coinvolga anche coloro che l’azienda la vivono quotidianamente. Ed è per questo, come ribadito qui su Sustainability Talk da Mauro Minenna (nuovo Responsabile del Dipartimento per la Trasformazione Digitale del Ministero guidato da Colao) e da molti altri, che tutto deve partire da un’adeguata formazione. “Una volta che l’azienda ha capito quale sia il modello di sostenibilità più consono a quello che fa, dovrà essere implementato un corposo piano di formazione per tutta la popolazione aziendale. Una formazione continua e a tutti i livelli, e in questo le risorse umane avranno un ruolo decisivo”.
L’importanza dell’attitudine al cambiamento
Una volta compiuto questo passo decisivo, le tecnologie hanno quindi le potenzialità per diventare strumenti in grado, ad esempio, di “alleggerire” i processi aziendali, abilitandoli in un’ottica più sostenibile. E questo è possibile in “qualsiasi processo aziendale. Quindi, per ogni settore, ci potrà essere uno strumento tecnologico studiato, messo a punto e implementato per raggiungere l’obiettivo. Penso, ad esempio, alle aziende che si rivolgono ai consumatori finali, digitalizzando può essere ripensato completamente il rapporto e l’assistenza post vendita. In questo senso, sarà quindi molto importante prima l’infrastruttura di rete e il software che ci verrà messo sopra, che dovrà essere pensato per nuove esigenze”.
Come per il tema sempre più centrale dello smart working, il digitale può creare le condizioni affinché anche gli stessi lavoratori possano avere degli stili di vita più “sostenibili”, con un grande impatto sulla dimensione sociale. Ma anche qui il passaggio non è immediato, perché se è vero che “per alcuni porterà dei vantaggi, per altri meno propensi al cambiamento potrebbe essere uno svantaggio.. A mio avviso, infatti, più che una trasformazione in grado di migliorare il lavoro delle persone, si tratta di un cambiamento culturale, in cui il lavoratore attento ai temi di sostenibilità si sentirà realmente parte della mission della propria azienda. In generale, tornando a quanto detto prima, una trasformazione nel modo di lavorare abilitata dal digitale richiederà un’attitudine al cambiamento: e questa attitudine potrà da una parte essere insita nella persona, e dall’altra dovrà essere favorita dall’azienda stessa”.
Incentivare all’azione
E così come l’azienda ha un ruolo importante nel sostenere i lavoratori in questo processo di adattamento, le istituzioni avranno un ruolo altrettanto fondamentale nell’incentivare le stesse aziende ad intraprendere la strada del cambiamento. “Penso per esempio alla fiscalità. Per indirizzare le aziende verso tangibili risultati di sostenibilità, un buon incentivo potrebbe essere quello fiscale valutando l’impatto delle aziende e adeguandone la fiscalità di conseguenza. In base ai risultati ambientali, economici e sociali potranno così essere concretamente premiati i comportamenti virtuosi. Finché le aziende non vedranno un ritorno concreto dalla sostenibilità il cambiamento resterà affidato alla loro ‘sensibilità’. Viceversa, credo che quando lo Stato riconoscerà dei benefici fiscali significativi, potremmo assistere ad un’accelerazione significativa”.
Lorenzo Maria Papale, techeconomy2030.it