Le varianti B.1.351 e B.1.1.7 SARS-CoV-2 – rilevate per la prima volta rispettivamente in Sud Africa e nel Regno Unito – mostrano una maggiore resistenza alla neutralizzazione degli anticorpi negli esperimenti di laboratorio. Lo rivela uno studio appena pubblicato su Nature e realizzato da un gruppo di ricercatori della Columbia University, New York guidati da David Ho. I risultati suggeriscono che le attuali terapie anticorpali e vaccini potrebbero essere meno efficaci contro alcune varianti del virus. Gli anticorpi monoclonali, che mirano a siti specifici del virus SARS-CoV-2, vengono utilizzati negli ospedali per trattare pazienti colpiti da COVID-19. Tuttavia, queste terapie sono state progettate per funzionare contro la variante iniziale di SARS-CoV-2, emersa nel 2019. David Ho e colleghi hanno valutato la capacità di 30 diversi anticorpi monoclonali, del plasma di 20 pazienti guariti da COVID-19 e sieri di 22 persone vaccinate, di neutralizzare le varianti B.1.351 e B.1.1.7 del virus. Gli autori hanno scoperto che la variante B.1.1.7 era resistente alla neutralizzazione da parte di anticorpi monoclonali che mirano al dominio N-terminale della proteina spike ed era relativamente resistente ad alcuni anticorpi che mirano al dominio di legame del recettore. Tuttavia, non era resistente al plasma di pazienti che si erano ripresi da COVID-19 e ai sieri di individui vaccinati. Per gli autori questo significa che la variante inglese non avrà un impatto marcato sulle attuali terapie o vaccini. Tuttavia, oltre alla resistenza alla neutralizzazione da parte degli anticorpi al dominio N-terminale, la variante B.1.351 (sudafricana) è risultata resistente a un gruppo di anticorpi monoclonali attualmente utilizzati nelle terapie che prendono di mira il legame del recettore della proteina spike, che è stato principalmente attribuito alla mutazione E484K. L’attività neutralizzante del plasma di pazienti che si erano ripresi da COVID-19 e sieri di persone che erano state vaccinate era ridotta rispettivamente di circa 9 e 10-12 volte contro questa variante. Anche se lo studio non analizza la variante brasiliana, gli autori suggeriscono che potrebbe mostrare un modello di resistenza simile di resistenza a quello della variante sudfricana, perchè condivide con questa alcune mutazioni chiave. Secondi i ricercatori, il virus SARS-CoV-2 sta mutando in una direzione che potrebbe indurlo a eludere gli attuali interventi diretti contro la proteina Spike; in tal caso, sarebbe necessario aggiornare le terapie. In questo contesto occorre fermare la trasmissione del virus il più rapidamente possibile, raddoppiando le misure di mitigazione e accelerando il lancio del vaccino.