Quasi -10% di Pil nazionale e migliaia di euro per ogni singolo cittadino: è quanto ci è costata la pandemia ad un anno esatto dalla sua apparizione. E la ripresa appare molto lenta.
La pandemia è costata e sta costando caro, e non soltanto in termini di contagi e vite umane. Ad un anno dall’apparizione del Covid, il Prodotto interno lordo ha subito un crollo del 9,9% che si traduce in 156 miliardi di euro di ricchezza in fumo.
Qual è la situazione
È questa la stima dell’ufficio studi della Cgia (Associazione piccoli artigiani e imprese), che ha calcolato come si siano svuotate le tasche di ogni italiano a causa delle limitazioni imposte per l’emergenza sanitaria. E le stime per il futuro non sono incoraggianti perché nel 2021 si recupererà soltanto il 4,1% (l’incremento previsto) con un saldo negativo che rimarrà di circa 73 miliardi di euro. “Quest’anno assisteremo a un rimbalzo della nostra economia che ci farà recuperare solo una parte della contrazione registrata nel 2020. Di conseguenza, è verosimile sostenere che torneremo a una situazione pre Covid non prima del 2024“, ha spiegato Paolo Zabeo, capo ufficio degli studi della Cgia di Mestre a Quifinanza.
“Recovery Fund fondamentale, altrimenti…”
Se questo è il quadro nazionale, ogni singolo cittadino ha perso mediamente 2.600 euro di reddito nel 2020 che potrebbero essere parzialmente risanati nell’anno in corso con un recupero di circa 1.400 euro. Ciò significa che il saldo del biennio rimarrà comunque negativo di poco più di 1.200 euro. Ecco perché sarà fondamentale che il governo faccia buon uso dei 209 miliardi che arriveranno dal Recovery Fund, “altrimenti rischiamo che il nostro Paese finisca su un binario morto e la crisi economica in atto si trasformi in una crisi sociale senza precedenti, dove a pagare il prezzo più alto”, in termini di occupazione e stipendi, “saranno i più deboli, come i giovani e le donne“, ha aggiunto Zabeo.
L’impoverimento delle famiglie
Il dato dei consumi delle famiglie parla chiaro: nel 2020, la spesa annua per gli acquisti è calata del -10,5% rispetto al 2019 per somma complessiva di 110 miliardi di euro. E nel 2021 la ripresa sarà soltanto del 3,8%. Questo fa toccare con mano il polso della situazione di crisi che stiamo vivendo, dove le famiglie costituiscono il 60% circa del Pil nazionale. Discorso identico per gli investimenti, crollati del 13,6% e bilanciati da un aumento previsto del 7,2%. Anche per questo settore, quindi, il biennio 20-21 è destinato a rimanere fortemente negativo. I paragoni con il passato si sprecano, e gli esperti di economia indicano nel 2009 un paragone simile (ma le cose andranno comunque meglio) con l’attuale situazione quando il Pil scese del 5,5% e la disoccuppazione raddoppiò passando dal 6% al 12%.
Meno lavoro e meno produzione
Se la Cgia ha quantificato in quasi il 10% la perdita di ricchezza, l’Istat la stima intorno al 9% e la Banca d’Italia del -9,2%. Si tratta di una dato storico e senza precedenti che non sarà compensata dalla ripresa prevista pari al +2,3%. Come riporta l’Agi, l’Istat stima che negli ultimi tre mesi del 2020 il Prodotto interno lordo sia diminuito del 2% rispetto al trimestre precedente e del 6,6% in termini tendenziali. Il quarto trimestre del 2020 ha avuto due giornate lavorative in meno rispetto al trimestre precedente e una giornata lavorativa in più rispetto al quarto trimestre del 2019.
Questa variazione è la sintesi di una crisi in tutti i principali comparti produttivi quali agricoltura, silvicoltura, pesca, industria e servizi. La domanda, di conseguenza, è scesa sia a livello nazionale (al lordo delle scorte), sia per quanto riguarda la richiesta dall’estero. La pandemia e i lockdown quasi continui imposti per far fronte all’emergenza hanno fatto sentire i loro effetti sull’andamento dell’attività economica soprattutto nel quarto trimestre dell’anno scorso.
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