Gli autisti di Uber impiegati nel Regno Unito vanno considerati dipendenti, non collaboratori free lance. Lo ha stabilito oggi la Corte Suprema britannica confermando come il verdetto di un precedente grado di giudizio che aveva dato torto al colosso Usa dei taxi online e ragione ai lavoratori ricorrenti.
La sentenza costringerà l’azienda – già impegnata nei mesi scorsi in uno scontro giudiziario con il Comune di Londra chiuso col mantenimento della licenza solo dopo diverse concessioni su sicurezza e diritti sul lavoro – a garantire contratti e tutele rafforzate agli autisti, come invocato da tempo da sindacati e autorità locali.
La decisione, emessa da un collegio di 7 giudici della massima istanza di giudizio d’Oltremanica, rappresenta una sconfitta pesante per la ‘filosofia’ organizzativa di Uber, che nel Regno – in particolare a Londra – ha il suo maggior mercato europeo sia sul fronte del trasporto dei passeggeri sia su quello del delivery. Appare inoltre un precedente in grado di avere un impatto significativo per limitare la deregulation dei rapporti di lavoro anche su una più vasta platea di aziende della cosiddetta ‘gig economy’.
“I nostri assistiti hanno lottato per molti anni anni per i diritti dei lavoratori, siamo felici che finalmente stiamo arrivando in fondo“, ha commentato Nigel Mackay, avvocato dello studio Leigh Day che ha rappresentato vari ricorrenti. Il legale ha poi ricordato come “già il tribunale del lavoro, la sua sezione d’appello e la Corte d’Appello britannica avessero sancito i diritti dei lavoratori di Uber”. “Ora la Corte Suprema è giunta alle stesse conclusioni”, ha proseguito, evocando a questo punto – per cominciare – la possibilità di “richieste di indennizzi per migliaia di sterline” da ciascun autista come compensazione delle mancate tutele del passato. Soddisfatto pure Mark Cairns, uno dei leader della rivendicazione fra le migliaia di guidatori di Londra: “Dopo lungo tempo, abbiamo ottenuto la vittoria che meritavamo, lavorare per Uber è stressante, era il minimo che dovessimo avere gli stessi diritti degli altri lavoratori (dipendenti)”, ha affermato.
ANSA