L’irlandese ha lasciato dozzine di pensieri unici e un romanzo
epico, oltre a tracce di una vita dissoluta che lo portò in galera
(di Cesare Lanza per LaVerità) Nell’anno di grazia 2021 devo preliminarmente confidarvi una mia perplessità. Perché inserire Oscar Wilde nella rassegna dei difetti e vizi dei grandi scrittori? Come tutti anche Wilde (1854-1900) ha avuto difetti e vizi di trascurabile livello. Però la sua vita è stata turbata da un’identità a cui oggi quasi non si fa più caso, mentre all’epoca era combattuta e condannata dalla giustizia: l’omosessualità. Alla vigilia del Novecento, fu la via crucis della sua esistenza. E perciò ho deciso di scriverne. Il grande scrittore irlandese è famoso, oltre al suo unico e celebre romanzo (Il ritratto di Dorian Gray), anche per la quantità e la qualità dei pensieri sull’universo mondo. Centinaia di aforismi, citati e dovunque riveriti. Di sé stesso è citatissima questa frase: «Io non voglio cancellare il mio passato, perché nel bene o nel male mi ha reso quello che sono oggi. Anzi ringrazio chi mi ha fatto scoprire l’amore e il dolore, chi mi ha amato e usato, chi mi ha detto ti voglio bene credendoci e chi invece l’ha fatto solo per i suoi sporchi comodi. Io ringrazio me stesso per aver trovato sempre la forza di rialzarmi e andare avanti, sempre». Citatissimo anche il suo pensiero sulla superficialità, definito «il peggior vizio». Wilde ha aggiunto: «Non è un vizio, a mio parere è il peggiore dei difetti».
SPINTO AL LIMITE Oscar Fingal O’Flahertie Wills Wilde, noto come Oscar Wilde, è stato uno scrittore, aforista, poeta, drammaturgo, giornalista e saggista irlandese dell’età vittoriana, esponente del decadentismo e dell’estetismo britannici. Era nato il 16 ottobre 1854, a Westland Row, Dublino, in una famiglia benestante (suo padre era un celebre chirurgo, sua madre una scrittrice e una donna eccentrica). Wilde fu uno studente brillante, frequentò il Trinity College di Dublino e durante i suoi studi mostrò una personalità anticonformista: non era molto popolare tra i suoi compagni di studio e neanche tra i suoi insegnanti, preferiva rimanere da solo a leggere soprattutto i classici. In seguito vinse una borsa di studio all’Università di Oxford, dove divenne popolare per la sua eccentricità, la sua arguzia e le brillanti conversazioni. E imparò che l’arte non aveva uno scopo didattico e morale, adottò uno stile di vita basato sull’estetismo e cominciò a comportarsi e a vestire in modo stravagante: indossava calze di seta, giacche di velluto, pantaloni al ginocchio, strane cravatte e spesso passeggiava portando tra le mani un giglio o un girasole. Wilde era esibizionista e quando si trasferì a Londra, ricevette molti inviti dall’alta società londinese perché la gente era affascinata dalle sue argute affermazioni controcorrente. Viaggiò molto, andò in Italia, in Grecia e negli Stati Uniti per tenere conferenze sui Preraffaelliti e gli esteti. Famosa la sua frase alla dogana americana I have nothing to declare but my genius («Non ho niente da dichiarare tranne il mio genio»). Quando tornò in patria, sposò Constance Lloyd ed ebbero due figli. Nel 1891 Wilde scrisse una serie di racconti e il suo unico romanzo The Picture of Dorian Gray (Il Ritratto di Dorian Gray), capolavoro in cui espresse le sue teorie estetiche. Sia Salomé sia Il Ritratto di Dorian Gray danneggiarono però la sua reputazione: alla prima non fu permesso di essere rappresentata a Londra per oscenità e fu invece proposta in Francia dalla famosa attrice Sarah Bernhardt; il romanzo fu considerato immorale Oscar era allora immensamente popolare, ma le cose si aggravarono quando iniziò una relazione omosessuale con il giovane lord Alfred Douglas, soprannominato «Bosie». Il marchese di Queensberry, padre di Bosie, lo accusò di omosessualità, considerata in quegli anni un’azione criminale. Oscar Wilde fu processato e condannato a due anni di lavori forzati nella prigione di Reading Gaol. In questi anni scrisse due opere importantissime, The Ballad of Reading Gaol (La Ballata del carcere di Reading, 1898) sulla sua esperienza in prigione, e una lunga lettera autobiografica all’amante Alfred, De Profundis (1897), pubblicata postuma nel 1905. Quando uscì di prigione, Wilde era un uomo finito. Aveva perso tutto, anche la moglie e i figli, e in gran parte l’opinione pubblica era contro di lui. Decise di lasciare l’Inghilterra e si trasferì a Parigi sotto un altro nome, Sebastian Melmoth. Qui morì di meningite nel 1900. Gli ultimi anni della sua vita furono veramente diffìcili e spesso dovette fare affidamento sull’aiuto economico dei pochi amici che gli erano rimasti fedeli. Morì il 30 novembre 1900, a soli 46 anni. La sua tomba si trova nel cimitero di Pére Lachaise a Parigi. Ancora oggi è ricoperta dai segni dei baci lasciati dal rossetto di ammiratori e ammiratrici dello scrittore.
DORIAN GRAY Il ritratto di Dorian Gray è la storia di un ricco giovane di cui il pittore Basil Hallward, completamente affascinato dalla sua bellezza, dipinge il ritratto. Nello studio di Basil, Dorian incontra l’esteta Lord Henry Wotton, una sorta di diavolo tentatore, che con i suoi discorsi sulla fugacità della giovinezza e della bellezza influenza il giovane a tal punto che, rendendosi conto che la bellezza del ritratto durerà in eterno mentre lui diventerà vecchio, esprime il desiderio che i segni del trascorrere del tempo e della sua esperienza non si mostrino sul suo volto, ma sul ritratto. Dorian e Lord Henry Wotton diventano amici, e sotto la cinica influenza di Wotton, il giovane inizia a condurre una vita edonistica e dissoluta, provocando grande sofferenza in chi gli sta vicino, in particolare nella fidanzata, l’attrice Sybil Vane che – rifiutata da Dorian – si toglie la vita. Dopo questo evento, il protagonista nota che sul volto del ritratto appare un’espressione cinica e crudele e man mano che la sua vita peccaminosa procede, il ritratto diventa sempre più orribile recando i segni della sua anima corrotta. Dorian nasconde il dipinto in soffitta perché nessuno lo possa vedere. Dopo molti anni lo mostra a Basii e subito dopo lo uccide per impedirgli di rivelare il suo segreto. Con il passare del tempo l’uomo si rende conto dell’orrore delle sue azioni: decide allora di distruggere il quadro e iniziare una nuova vita, ma nel momento in cui trafigge il ritratto con un coltello, provoca anche la propria morte. Magicamente il ritratto ritorna alla perfezione originale e Dorian diventa irriconoscibile. Infatti, i suoi servitori, attirati dalle sue urla strazianti, accorrono nella stanza dove trovano un uomo morto sul pavimento con un coltello nel cuore, che riescono a riconoscere solo grazie ai suoi anelli.
LA FILOSOFIA Si racconta che in occasione dei suoi compleanni Oscar Wilde indossasse abiti neri. La motivazione? Era «a lutto per uno dei suoi anni». Il suo capolavoro è l’espressione perfetta delle sue idee estetiche e la prefazione è considerata il manifesto dell’estetismo inglese. Infatti contiene le famose citazioni di Wilde: «Tutta l’arte è completamente inutile», oppure «Non esistono libri morali o immorali. I libri sono scritti bene o scritti male. Questo è tutto». Il Ritratto di Dorian Gray fu considerato un libro immorale che scioccò i lettori vittoriani, i quali credevano che lo scopo dell’arte fosse di educare la gente. Wilde dichiarò invece che la bellezza era il suo unico scopo e la morale non aveva importanza. Il protagonista del romanzo, Dorian Gray, conduce una vita scandalosa e peccaminosa all’insegna dell’edonismo, si dedica solo al perseguimento del piacere. Wilde scrisse: «Provo molto piacere ad ascoltarmi: è uno dei miei piaceri più intensi. Ho spesso lunghe conversazioni con me stesso, e sono talmente bravo che a volte non capisco nemmeno una parola di ciò che dico». Era sempre polemico, pungente e brillante, fustigatore della morale vittoriana e amante dei vizi: dal bere al fumare, senza limite. Conduceva uno stile di vita lussuoso ed elegante, spendendo più di quanto gli permettesse la sua rendita. Nel 1879 si trasferisce a Londra e, grazie ai suoi poemi e ai suoi sferzanti articoli diventa uno dei personaggi di spicco della vita mondana e culturale della metropoli. Il suo salotto culturale è frequentato dai personaggi di spicco della società dell’epoca. Esteta ed elegante, Oscar Wilde diventa presto un’icona, rielaborando lo stile di vita del «dandy», caratterizzato da forme di individualismo esasperato, di ironico distacco dalla realtà e di rifiuto nei confronti della mediocrità borghese. Il che si traduceva in abiti e linguaggio estremamente curati e una molteplicità di complicate relazioni sentimentali, spesso considerate «amorali».
PROTOTIPO DANDY Ma lui non rinuncia al suo stile di vita, che punta a sfidare la morale borghese (e la legge inglese dell’epoca). Vive infatti intense e rischiose relazioni omosessuali con numerosi amanti. Il papà del suo giovane amante Alfred Douglas minacciava di denunciarlo per la sua omosessualità e il tentativo di corrompere il figlio. Wilde ebbe la pessima idea di denunciarlo per calunnia: così lo scandalo si accese e divenne pubblico, noto a tutti. A questo punto fu denunciato per omosessualità. Il giudice era pieno di pregiudizi, Oscar si difese come un ingenuo intellettuale. Il giudice lo condannò al massimo della pena, due anni di lavori forzati, dispiaciuto di non poter condannarlo a morte: la legge era stata appena abrogata.