I collezionisti italiani hanno un’età media poco superiore ai 58 anni, sono laureati, tra loro prevalgono gli uomini (75%) rispetto alle donne, anche se queste ultime stanno aumentando sempre più arrivando a un 35%. E risiedono per il 70% nelle regioni più ricche del Paese (Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia-Giulia), al Centro solo l’11%, al Sud il 7% e all’estero il 4%. E’ questo l’identikit a cui si è arrivati nell’indagine sui collezionisti privati, raccolta nel primo volume di una collana dedicata al mercato dell’arte, edita da Gallerie d’Italia | Skira e promossa da Intesa Sanpaolo Private Banking. Durante la presentazione in streaming della ricerca, Guido Guerzoni dell’Università Bocconi, che ha profilato il collezionista, ha messo in luce proprio come la presenza femminile rappresenti un tratto inatteso. E che avvicina l’Italia a quanto già accade in Germania e in America, con il collezionismo femminile. Dalla ricerca, inoltre, emerge che l’interesse maggioritario è per l’arte contemporanea, richiesta dal 94%. I fattori emotivi sono predominanti nella scelta delle opere e della composizione della collezione (98%), anche se il 30% circa del campione ha espresso almeno una motivazione di natura economica, come la potenziale rivalutazione dell’opera (35%), la conservazione del capitale (28%), la liquidabilità dell’opera (15%). Da questi dati si capisce che si stanno affermando nuove categorie di beni rifugio.
Il mercato dell’arte e dei beni da collezione è considerato, da oltre un decennio, un settore economico consolidato oggetto di crescenti attenzioni da parte di analisti, studiosi, istituti di credito e investitori istituzionali. Se prima i ‘collectables’ erano percepiti come “beni rifugio”, sebbene pochi collezionisti acquistassero per investire, ora sono considerati strumenti finanziari e investimenti autonomi, alternativi o complementari rispetto a quelli più tradizionali, in grado di costituire una distinta asset class.