Durante la pandemia, quasi tutti hanno indossato la mascherina nei luoghi al chiuso e sui mezzi pubblici. Ma una persona su tre ha dichiarato di aver visto peggiorare la propria condizione economica. Sono i primi risultati di un approfondimento realizzato nell’ambito delle sorveglianze Passi e Passi d’Argento, coordinate dall’ISS, nei mesi tra agosto e novembre su un campione di 2.700 intervistati, attraverso il modulo Covid. Dalla ricerca emerge anche che tra gli anziani, l’84% ha dichiarato che è disponibile a vaccinarsi contro Sars-Cov-2; ma anche nella popolazione adulta la disponibilità a vaccinarsi sembra elevata (67%).
“I risultati di questa survey – dice Silvio Brusaferro, presidente dell’Iss – mostrano un atteggiamento di responsabilità degli italiani che, nonostante i sacrifici, hanno sostanzialmente rispettato le misure con costanza ma anche con una prospettiva di fiducia nella scienza”. I dati inoltre “hanno un valore fondamentale poiché orientano sui bisogni di continuità socioassistenziale. In questi mesi di emergenza sanitaria, infatti, è necessario alzare il livello di attenzione sui bisogni legati alle conseguenze della “fatica pandemica” e questi dati sono importanti indicazioni soprattutto per la tutela dei più fragili”, commenta ancora Brusaferro. Per quanto riguarda la disponibilità a vaccinarsi contro il Sars-CoV-2, rende noto l’Iss, complessivamente, il 67% degli intervistati 18-69enni dichiara che sarebbe disposto a vaccinarsi (metà risponde che lo farebbe senza esitazione, l’altra metà risponde che lo farebbe con molta probabilità). Le persone più istruite sono maggiormente disposte a vaccinarsi (71% fra le persone con diploma di scuola superiore o laurea e 56% fra chi ha conseguito al più la licenzia media); qualche differenza si osserva per risorse finanziarie (69% fra chi non ha difficoltà economiche, il 63% di chi ne ha) e per genere (gli uomini sono più propensi delle donne a vaccinarsi, 74% vs 60%).
L’età non disegna un vero gradiente ma mostra che i più giovani, 18-34enni, sarebbero ben disposti a vaccinarsi più di altri (76%) rispetto ai 50-69enni (67%) e ai 35-49enni (59%).
Fra gli ultra 65enni la disponibilità a vaccinarsi è decisamente più alta che nel resto della popolazione: l’84% dichiara che sarebbe disposto a farlo (il 57% certamente, il 28% probabilmente) e non sembrano esserci sostanziali differenze nei sottogruppi della popolazione, si conferma che sarebbero gli uomini più delle donne (il 90% contro il 79%) disponibili a farlo.
Sul tema della prevenzione medica, i dati non sono incoraggianti e nel campione delle oltre 1200 interviste realizzate fra gli ultra 65enni una quota rilevante, pari al 44%, dichiara di aver rinunciato nei 12 mesi precedenti ad almeno una visita medica (o esame diagnostico) di cui avrebbe avuto bisogno, in particolare il 28% ha dovuto rinunciarvi per sospensione del servizio mentre il 16% lo ha fatto volontariamente per timore del contagio. Questi dati non mostrano differenze significative per caratteristiche sociodemografiche dei rispondenti; tuttavia, si nota che la scelta di rinunciare volontariamente alla visita medica o all’esame diagnostico per timore del contagio è più frequente fra le donne (19% vs 13% fra gli uomini) e fra le persone con un livello di istruzione maggiore. La quasi totalità degli intervistati riferisce di aver indossato “sempre” la mascherina nel caso di uso dei trasporti pubblici e nei locali pubblici. Senza distinzione di età, genere o condizioni sociali, la stragrande maggioranza dei residenti in Italia indossa le mascherine in queste circostanze.
Anche l’uso della mascherina all’aperto è elevato: riferiscono di indossare spesso/sempre la mascherina all’aperto il 74% dei 18-69enni e l’84% degli ultra 65enni. Non si intravedono differenze per classi sociali, si intravede invece una differenza di genere con le donne più propense degli uomini all’uso della mascherina (78% vs 69% fra gli adulti; 86% vs 81% fra gli anziani). Anche i più giovani di 18-34 anni riferiscono un uso della mascherina all’aperto non troppo diverso da quello del resto degli adulti.
Il 32% della popolazione tra i 18 e i 69 anni ha dichiarato che le proprie risorse economiche sono peggiorate a causa dell’impatto della crisi legata al Covid. Tra i più giovani, ma soprattutto nelle età centrali, 35-49 anni (presumibilmente più rappresentative di famiglie con figli piccoli), la quota di chi riferisce un peggioramento sale al 36%, mentre è del 28% fra i 50-69enni.
Un lavoratore su tre, inoltre, ha subito perdite economiche: mantenendo lo stesso lavoro ma con una ridotta retribuzione (28%) o perdendolo del tutto (il 4%). Durante il lockdown nazionale (marzo-aprile 2020), il 37% degli intervistati ha continuato a lavorare nella sede abituale, mentre il 33% ha lavorato in modalità smart working e, in particolare, il 18% in modo esclusivo; il 29% ha invece smesso di lavorare.
Fra gli ultra 65enni, una quota più bassa ma non trascurabile (12%) riferisce un peggioramento delle proprie disponibilità economiche a causa della crisi legata alla pandemia.