Il settore chimico chiude il 2020 con un calo della produzione del 9% e prevede un 2021 incerto con una limitata crescita del 4%. A fare il punto sulle prospettive dell’industria è stata l’assemblea annuale di Federchimica, l’associazione delle imprese del settore guidata da Paolo Lamberti. Il settore – ha detto – chiude il 2020 con una produzione in calo del 9%, “un dato che, seppure in forte diminuzione, evidenzia una maggiore tenuta rispetto all’industria in generale”. Pesa la contrazione senza precedenti dell’attività di numerosi settori clienti, che ha inevitabilmente condizionato anche la domanda di chimica. La seconda ondata di contagi rischia di interrompere bruscamente il percorso di recupero intrapreso durante i mesi estivi e già nel quarto trimestre si intravedono alcuni segnali di indebolimento. L’industria chimica in Italia, oltre 2.800 imprese che impiegano circa 112.000 addetti, con un valore della produzione pari a 55 miliardi di euro (e una quota di export del 56%) è il terzo produttore europeo e il dodicesimo al mondo. “Le prospettive per il 2021 ha spiegato – rimangono estremamente incerte e non potremo certamente aspettarci un pieno recupero rispetto alle perdite registrate nel 2020. L’incertezza ostacola le decisioni di acquisto dei clienti, che si manifestano in modo molto frammentario e discontinuo. Di conseguenza, nel 2021 possiamo ipotizzare il ritorno ad una moderata crescita della produzione chimica, intorno al 4%”. Lamberti ha poi ricordato le garanzie occupazionali offerte dal settore. “I contratti a tempo indeterminato sono la stragrande maggioranza (il 95%) e negli ultimi 4 anni il settore ha generato oltre 6.000 nuovi posti di lavoro e l’occupazione evidenzia una buona tenuta anche nel 2020: dunque – nonostante l’innalzamento dell’età pensionabile le criticità già evidenti a fine 2019 – le imprese chimiche stanno investendo nel capitale umano, anche per dotarsi di nuovi competenze in ambiti strategici quali la ricerca e la digitalizzazione”.