L’assemblea annuale di Unic – Concerie Italiane ha eletto alla presidenza Fabrizio Nuti, titolare del gruppo conciario toscano Nuti Ivo, che accogliere il testimone dal cavaliere del lavoro Giovanni Russo, presidente della conceria Russo di Casandrino.
“Assumere la presidenza in un momento così difficile – spiega il neopresidente -, dove l’incertezza regna sovrana, rende tutto molto più complicato e limita la definizione di programmi e progetti futuri. Mi limiterò pertanto a indicare come leitmotiv della mia presidenza quello di rafforzare e valorizzare l’industria conciaria italiana, affinché le siano riconosciute quelle caratteristiche che l’hanno resa leader mondiale, e di mantenere un dialogo, un confronto continuo ed efficace, con tutti gli attori della filiera”.
L’assemblea è stata anche l’occasione per fare il punto della situazione sul settore, in un anno difficile come quello trascorso.
Gianni Russo, Presidente uscente ha commentato:
“Chiuderemo il 2020 con un calo generalizzato dei ricavi compreso tra il 25% e il 35% e credo che nel primo trimestre 2021 soffriremo ancora di questo effetto pandemico, sperando che tutte le misure messe in atto scongiurino la possibilità di una terza ondata, che complicherebbe ulteriormente lo scenario”.
L’assemblea ha inoltre definito il quadro congiunturale dei primi 8 mesi 2020 dell’industria conciaria italiana e messo a fuoco le sue attuali priorità, sottolineandone il costante upgrading sostenibile e circolare, e ponendo in primo piano lo storico e fondamentale traguardo dell’entrata in vigore, il 24 ottobre scorso, del Decreto Legislativo che tutela i termini ‘pelle’ e ‘cuoio’ “dagli abusi lessicali dei cosiddetti materiali alternativi”.
In base alle elaborazioni del Servizio Economico Unic, si stima che nei primi otto mesi 2020, a causa delle conseguenze della pandemia, l’industria italiana della pelle abbia visto arretrare la produzione del 29,2% in valore e del 22,8% in volume, con esportazioni (che incidono per oltre il 70% sul fatturato complessivo) in calo del 30,6 per cento. Poche le differenze di trend tra i distretti produttivi e le destinazioni d’uso della pelle italiana, con una marcata sofferenza da parte di calzatura e pelletteria, mentre automotive e (soprattutto) arredamento hanno mostrato alcuni segnali di rinnovata vitalità.