“In questi mesi, scienziati, virologi, epidemiologi, specialisti sono stati sbalzati improvvisamente dai loro studi, dai laboratori, dagli ambulatori, dalle corsie d’ospedale sulla ribalta mediatica. Questo ha creato, da un lato, una polarizzazione dell’opinione pubblica, con una sorta di divisione in “tifoserie” per questo o quello scienziato. Dall’altro, cosa forse ancor più grave, ha disorientato le persone, portando a una perdita generalizzata di fiducia nella scienza, nella medicina, e nei medici”. Lo ha detto il presidente della Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, Filippo Anelli, nella foto. Per il presidente della Fnomceo questa esposizione televisiva e mediatica dei medici è avvenuta “senza essere preparati, senza aver avuto il tempo di acquisire e metabolizzare gli strumenti necessari alla comunicazione pubblica”.
“Occorre quindi una responsabilizzazione di tutti i medici, perché – ha detto Anelli – come del resto è indicato anche dal codice di Deontologia, non espongano teorie scientifiche suggestive, anche utili probabilmente, ma non ancora comprovate, se non nell’alveo del dibattito tra scienziati”.
Tra i motivi che in questa seconda ondata pandemica hanno contribuito a trasformare i medici da “eroi a bersagli” per il presidente anelli c’è al primo posto la paura dello stesso Covid e quindi se c’è una figura che te la ricorda “come possono essere i medici, gli infermieri, scatta un senso di repulsione, di rifiuto”.
“Poi c’è un altro fattore – ha continuato – il fatto che non ci siano terapie ad hoc, ma solo protocolli messi a punto “sul campo”, con gli strumenti che già abbiamo, mette in crisi il falso mito della medicina e quindi, del medico come onnipotente, in grado di guarire qualsiasi malattia e di farci essere sempre al massimo delle nostre possibilità”.
“Terzo punto critico, la comunicazione. Quella sulle zone rosse, arancioni, gialle, che ha portato a un’errata percezione del pericolo – ha concluso Anelli – mentre, durante il lockdown, il messaggio era univoco, ed indicava la necessità limitare al massimo gli spostamenti e i contatti, ora le Regioni gialle sembrano quasi ‘zone franche’, in cui ci si può comportare come si vuole, anche assembrandosi e dimenticando le più elementari regole di prevenzione”.