(di Tiziano Rapanà) A cent’anni dalla nascita dello scrittore siciliano Gesualdo Bufalino, è stata ritrovata la sua tesi di laurea. Non riesco a cogliere la coincidenza come una casualità, ma la lego ad una situazione figlia del mistero. La cosa è avvenuta giorni fa, durante il trasferimento del materiale custodito nell’Archivio storico di ateneo dell’Università di Palermo nei nuovi locali del convento seicentesco di Sant’Antonino. Si tratta di un dattiloscritto di quasi 100 pagine, dal titolo suggestivo “Gli studi di archeologia e la formazione del gusto neoclassico in Europa (1738 – 1829)”. Per il professore Mario Varvero, “nel titolo del dattiloscritto sono già riconoscibili i segni della più autentica cifra letteraria dell’autore di Diceria dell’untore, pubblicato nel 1981 ma pensato negli anni e negli ambienti in cui Bufalino era impegnato nella stesura della propria tesi di laurea”. Per lui, la tesi si dichiara “come l’incunabolo del gusto per la rievocazione e il recupero di ciò che è stato, proprio di uno scrittore educato e cresciuto al culto della memoria intesa come ‘spontaneo sortilegio di ombre cinesi, teca di magiche epifanie, cinematografo di larve dissepolte dalla sabbia del tempo’ (Museo d’ombre)”. Ora non è chiaro se qualitativamente una tesi di laurea sia all’altezza di un’opera vergata in età matura. Diceria dell’untore venne fuori negli anni ottanta con la sua debordante alterità rispetto ai canoni letterari del tempo. Bufalino compiva un’effrazione al tempio dell’ovvietà abitato da figuri insignificanti, meteore che hanno prodotto meteorismi di carta. Bufalino è lì sul podio dei grandi della letteratura contemporanea. Anche se – a dirla tutta – un po’ lo vedo fuori posto, non mi pare sia a suo agio a stare in piedi in quella magica pedana. Bufalino non era un contemporaneo, semmai un classico. Uno così prepotentemente sé stesso non lo posso inserire nella vetrina dei contemporanei. Un unicum è fatto per stare da solo, non è carne da gruppo, da clan, da consesso di intellettuali. Non posso mortificare una personalità creativa accumunandola agli altri, anche ai suoi illustri pari (Sciascia, ovvio). L’arte di don Gesualdo è autonoma, non la posso chiudere in correnti e generi dei vari periodi storici. Debbo limitarmi a celebrarla. In libreria è appena uscito un libro di Bufalino, edito da Einaudi, che dovreste leggere. Favola del castello senza tempo è l’ulteriore tessera di un puzzle che raffigura una personalità monumentale. Qui potete apprezzare le seducenti illustrazioni di Lucia Scuderi e una bella introduzione di Nadia Terranova.