Combinando i dati delle immagini satellitari, i calcoli di un’intelligenza artificiale e le previsioni sull’aumento delle temperature, un team di ricerca internazionale ha determinato che il 60 percento delle piattaforme antartiche è a rischio distruzione. Ciò comporterebbe un repentino e catastrofico innalzamento del livello del mare.
Il 60 percento delle piattaforme di ghiaccio dell’Antartide rischia di frantumarsi a causa degli effetti del riscaldamento globale, con un impatto potenzialmente catastrofico sull’innalzamento del livello del mare. Il rischio di rottura è legato alla presenza di ampie fratture superficiali sulle piattaforme, che nel caso in cui dovessero entrare in contatto con acqua di fusione, andrebbero incontro a un processo che gli scienziati chiamano “idrofratturazione”, col conseguente crollo e rilascio di enormi quantità di acqua nell’oceano. Al momento gli esperti non sanno quando e se un simile fenomeno si verificherà, tuttavia, poiché i cambiamenti climatici continuano a “mordere” e sono sufficienti leggere variazioni di temperatura per avere effetti significativi, il rischio che ciò possa determinarsi entro la fine del secolo non è da sottovalutare.
A determinare che il 60 percento delle piattaforme di ghiaccio antartiche rischia di frantumarsi è stato un team di ricerca internazionale guidato da scienziati di vari dipartimenti dell’Università Columbia di New York, che hanno collaborato a stretto contatto con i colleghi della Scuola di Scienze Geologiche dell’Università di Edimburgo (Scozia), dell’Institute for Marine and Atmospheric Research di Utrecht (Paesi Bassi) e di Google. Gli studiosi, coordinati dal professor Ching-Yao Lai, docente presso l’Osservatorio terrestre di Lamont-Doherty dell’ateneo newyorchese, sono giunti alle loro conclusioni analizzando immagini satellitari e addestrando un’Intelligenza Artificiale – nello specifico una rete neurale convoluzionale profonda (DCNN) – a riconoscere le fratture superficiali presenti sulle piattaforme di ghiaccio antartiche. In aggiunta, hanno elaborato un diagramma per prevedere dove in futuro si potrebbero formare le fratture.
Incrociando tutti i dati con le previsioni sull’aumento delle temperature, si è giunti alla conclusione che tra il 50 e il 70 percento delle piattaforme di ghiaccio antartiche è a rischio di frantumazione. Le fratture sulle piattaforme si generano naturalmente, a causa dello stress meccanico dovuto all’accrescimento dei ghiacciai sulla terraferma, che le spingono verso l’oceano come lunghe lingue di ghiaccio. Quando sono incassate in baie e golfi l’effetto di “stretching” è ancora più violento e si generano crepe enormi, alcune profonde decine di metri (dalla superficie) e larghe anche centinaia. A causa del riscaldamento globale sulle piattaforme si formano sempre più laghi e canali di fusione, entrando in un circolo vizioso poiché l’acqua assorbe meglio la radiazione solare. Quando l’acqua penetra nelle fratture favorisce lo scioglimento e di conseguenza la distruzione delle piattaforme, che finendo in acqua alimentano in modo rapido e significativo l’innalzamento del livello del mare. Un fenomeno del genere si è verificato negli anni passati quando sono andate distrutte le piattaforme Larsen B – che era rimasta stabile per 10mila anni – e Wilkins.
Nello scenario peggiore emerso dal modello messo a punto da Lai e colleghi, “molti luoghi saranno coperti da molta, molta acqua entro la fine del secolo”, hanno dichiarato gli studiosi in un comunicato stampa. “Alla fine, tutte le piattaforme di ghiaccio potrebbero essere coperte da acqua di fusione. Ma non conosciamo un lasso di tempo e ci sono ancora molte grandi domande a cui rispondere”, ha dichiarato l’autore principale dello studio. I dettagli della ricerca “Vulnerability of Antarctica’s ice shelves to meltwater-driven fracture” sono stati pubblicati sull’autorevole rivista scientifica Nature.
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