Lo stop delle attività economiche imposto dalla pandemia ha mostrato quanto l’inquinamento dell’aria influisca sul rendimento dei pannelli solari.
Il difficile stop alle attività produttive dovuto alla pandemia di CoViD-19 ha rappresentato per gli scienziati un’opportunità senza precedenti per studiare che cosa succede in condizioni di rumore, presenza dell’uomo e inquinamento ridotti. Chi si occupa di energia ha potuto osservare, nelle settimane tra marzo e aprile 2020, quanto l’inquinamento dell’aria influisca sulla resa dei pannelli solari: molto più del previsto, stando a uno studio condotto a Nuova Delhi e pubblicato sulla rivista scientifica Joule.
Delhi è una delle capitali mondiali dello smog, nonché uno dei luoghi in cui il lockdown è stato imposto in modo più rigido e repentino all’inizio della pandemia. La riduzione dell’inquinamento è stata pertanto improvvisa e ben visibile: il livello di polveri sottili e particolato evidenziati dall’Indice di qualità dell’aria (AQI, vedi per esempio World Air Quality Index) si è dimezzato. Ian Marius Peters, ricercatore dell’Helmholtz-Institut Erlangen-Nürnberg for Renewable Energies (Germania) che studia gli effetti dello smog sulla produzione di energia solare, ne ha approfittato per qualche confronto, sfruttando come dati di partenza quelli dei pannelli solari dell’Ambasciata USA a Nuova Delhi.
Con l’aiuto di un piranometro, strumento che misura l’intensità della radiazione solare, Peters ha rilevato che nei giorni senza nuvole di fine marzo 2020, in pieno lockdown, la quantità di energia solare che raggiungeva i pannelli fotovoltaici a Delhi era di 950 Watt per metro quadrato; nello stesso periodo tra il 2017 e il 2019, era in media di 880 Watt per metro quadro. C’è un 8% di differenza tra l’anno della covid e i precedenti – non poco, considerando che è l’equivalente tra la produzione di un pannello solare installato a Houston e quello stesso pannello in funzione molto più a nord, a Toronto.
Il dato è particolarmente interessante perché lo smog a Nuova Delhi non è scomparso da un giorno all’altro, ma si è dimezzato: il lockdown ha in pratica fornito uno scorcio di come andrebbero le cose se ci impegnassimo seriamente a ridurre l’inquinamento atmosferico. Il particolato atmosferico si deposita dappertutto, anche sulle celle fotovoltaiche, e naturalmente le polveri fanno da schermo, come il vetro sporco di una finestra. Tutto questo innesca un circolo vizioso per cui la produzione di energia elettrica solare si riduce e si compensa bruciando combustibili fossili, che rilasciano in atmosfera altro particolato, e così via. Ma questo vuole anche dire che riducendo l’inquinamento dell’aria, anche la produzione di energia elettrosolare potrebbe trarne benefici.
«Mi aspettavo di vedere qualche differenza, ma sono rimasto sorpreso di quanto chiaramente si notasse l’effetto», ha confessato Peters. Anche in Europa negli ultimi mesi si è registrato un picco di produzione di energia elettrica solare, ma non è chiaro se il fenomeno sia legato alla riduzione dello smog o piuttosto a una primavera insolitamente assolata.
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