La chiusura delle scuole negli Stati Uniti potrebbe aver contribuito ad evitare circa 40.000 decessi, con 1,37 milioni di casi COVID-19 in meno durante la primavera del 2020, ma una prossima riapertura necessiterà di un’analisi costi-benefici complessa. Questi i risultati di uno studio pubblicato sul Journal of American Medical Association (Jama) e condotto dagli esperti della National Academies of Sciences, Engineering, and Medicine (NASEM) e dell’Università di Pittsburg, che hanno valutato l’impatto della chiusura delle scuole in termini di conseguenze economiche e sanitarie, stabilendo delle linee guida per la prossima riapertura di settembre. “A metà aprile – scrivono gli autori – 192 paesi hanno sospeso le attività didattiche, coinvolgendo il 90 percento degli studenti di tutto il mondo. Questo ha portato a una significativa riduzione nel tasso di diffusione, incidenza e mortalità del virus”. Il team ha confrontato i modelli elaborati in base ai dati provenienti da tutti i 50 stati americani relativi ai periodi precedenti e successivi alla chiusura delle scuole, ottenendo i valori relativi ai decessi evitati grazie alle misure di sospensione didattica: nella sola popolazione statunitense potrebbero essere circa 1,37 milioni i casi di COVID-19 non verificatisi, e almeno 40.600 i decessi evitati. “Quello che è importante sottolineare – specifica Katherine A. Auger dell’Università di Pittsburg e principale autrice della ricerca – è che il nostro lavoro si basa su stime e modelli, e inoltre non abbiamo ancora certezze relative al ruolo svolto dai ragazzi nella diffusione del virus. Diversi studi indicano che la popolazione giovane potrebbe essere più incline a manifestare sintomi lievi o a contrarre COVID-19 in forma asintomatica, rendendo meno probabile la trasmissione”. Il team aggiunge che non è semplice determinare la durata ottimale delle misure preventive, compresi gli interventi non farmaceutici come la sospensione delle attività didattiche, ma è importante che i decisori politici e i funzionari scolastici tengano in considerazione i risultati di queste stime. “Non abbiamo prove a sufficienza sulla capacità dei giovani di trasmettere il virus – continua l’esperta – per poter affermare con certezza quando potrebbe essere più opportuno riprendere le attività scolastiche, ma è importante considerare anche le conseguenze accademiche ed economiche di una ulteriore sospensione”. In un editoriale che accompagna lo studio sulla rivista Jama, si cita poi uno studio condotto dagli esperti della Georgetown University, secondo i quali la perdita economica relativa alla chiusura delle scuole nel periodo di quarantena potrebbe essere quantificabile per un totale di 2,5 trilioni di dollari, e un rapporto della John Hopkins University, le cui stime si traducono in una perdita di 128 miliardi di dollari per una chiusura di 12 settimane, con ricadute sulla produttività e sulle interazioni sociali e lavorative. Per far fronte alle difficoltà del nuovo anno scolastico, l’American Academy of Pediatrics ha stabilito delle linee guida in vista della ripresa delle attività didattiche, ribadendo che “tutte le considerazioni politiche per il prossimo anno scolastico non dovrebbero prescindere dalla presenza fisica degli studenti a scuola”. Per non prescindere dal mantenimento delle misure di sicurezza, i distretti scolastici potrebbero dover considerare più fattori per determinare come consentire il rientro, compresi l’ubicazione delle scuole, l’uso dei trasporti, la prevalenza locale, il comportamento dei genitori, del personale, degli studenti, inclusa la probabilità di rendere obbligatorio l’uso della mascherina, ma anche le difficoltà economiche e le disuguaglianze sociali che possono ostacolare il corretto svolgimento della didattica a distanza. “Le scuole – spiega l’editoriale pubblicato da Jama – stanno prendendo in considerazione istruzioni ibride online e in presenza, limitando i programmi di doposcuola e riconfigurando gli spazi, così come la preparazione e la distribuzione degli alimenti, ma piuttosto che un vademecum unico per tutti, i distretti scolastici dovrebbero collaborare con la sanità per valutare i dati specifici della zona, facilitando l’accesso alle informazioni in tempo reale”. Stando alle raccomandazioni degli esperti, gli operatori sanitari coinvolti nella cura dei bambini dovrebbero prendere in considerazione collaborazioni formali con le strutture didattiche per guidare la riapertura e garantire aggiustamenti ad hoc in base alle informazioni disponibili. “Le agenzie federali – concludono gli autori – dovrebbero dare la priorità ai finanziamenti per la ricerca che facilita l’apprendimento rapido. Offrire alle scuole il supporto di cui hanno bisogno per affrontare COVID-19 potrebbe portare ad ambienti sicuri, sani e fiorenti per bambini e ragazzi. La decisione riguardante la riapertura delle scuole a settembre potrebbe essere una delle maggiori sfide che gli Stati Uniti hanno dovuto affrontare da generazioni, viste le profonde implicazioni etiche, economiche, sanitarie e sociali che il problema comporta”.