A rendere difficile la ripresa non solo il debito pubblico, che a fine 2020 supererà il 150% del Pil, ma anche la paura che frena consumi e investimenti, facendo ristagnare la liquidità disponibile di famiglie e imprese. Lusetti (Legacoop): “Aggredire i difetti storici del nostro Paese”
Il vaccino forse ci aiuterà a debellare il Covid-19 già nei prossimi mesi, o nel giro di un anno, ma l’economia italiana non si riprenderà prima del 2025: solo tra cinque anni, secondo l’analisi di Prometeia-Area Studi Legacoop, il prodotto interno lordo italiano riuscirà a recuperare i livelli di fine 2019. Non sarà così per molti altri Paesi Ue che, a differenza dell’Italia, non sono gravati dai vincoli già pesanti del debito pubblico, e sono stati penalizzati di meno dalla pandemia.
Nonostante gli interventi ampi e tempestivi della politica economica, sia a livello europeo sia a livello nazionale, nel 2020, secondo lo studio “MonitorFase3 – Lo scenario previsivo al 2027″, il Pil italiano registrerà una caduta del 10,1% (-12,9% nel secondo trimestre).
“L’urto con questa crisi è giunto all’improvviso ma è stato subito chiaro che ha già modificato le nostre vite per molti anni. – afferma Mauro Lusetti, presidente di Legacoop – “Dall’inizio dell’emergenza stiamo cercando, anche grazie ai nostri partners di ricerca, di interpretare una situazione che evolve di giorno in giorno. Tutto ciò che accade trasformerà profondamente le nostre abitudini e propensioni, i nostri settori di riferimento e il mercato. Per superare questa crisi occorre individuare punti fermi e delineare scenari che permettano di assecondare il cambiamento, cambiando noi stessi con le nostre attività. Non crediamo a un mondo in cui le risorse abbondano, quindi non ci stanchiamo di ripetere: usiamo bene le poche disponibili, per interventi sul medio lungo periodo e che aggrediscano i difetti storici del nostro Paese”.
La crisi è aggravata da una propensione al consumo e all’investimento decisamente negativa, per via dello stato di incertezza.
Paradossalmente mentre una maggiore tendenza a spendere aiuterebbe la ripresa, da un lato le difficoltà economiche, e da un lato la paura del futuro si traducono in un forte aumento delle disponibilità liquide di famiglie (l’aumento della propensione al risparmio toccherà, nel 2020, il picco del 13%, il più alto degli ultimi venti anni) e imprese (che hanno aumentato l’indebitamento bancario). Ecco perché solo nel 2025 il Pil reale tornerà ai livelli registrati a fine 2019, e la stessa dinamica è prevista per la spesa delle famiglie, mentre per gli investimenti fissi lordi bisognerà aspettare il 2026.
Tra le previsioni dello studio, l’esplosione del debito pubblico, che a fine 2020 supererà il 150% del Pil, e la necessità di una manovra aggiuntiva pari a 2% del Pil tra il 2020 e il 2021, anche perché “l’accesso ai fondi europei potrebbe risultare, ex post, inferiore al potenziale”, e i 75 miliardi dei decreti Cura Italia e Rilancio non saranno sufficienti a far fronte ai bisogni del Paese.
A livello globale, lo studio prevede una recessione del 5,4% nel 2020, con impatti molto diversi da Paese a Paese. Per quanto riguarda l’Unione Europea, sono già i Paesi più a Sud, Francia compresa, che stanno soffrendo in particolar modo, nonostante i massicci interventi della politica economica. Gli Stati Uniti dovrebbero già aver toccato il punto minimo di discesa dell’economia nel secondo trimestre di quest’anno, e la Cina addirittura a febbraio, tanto che quest’anno metterà a segno comunque una crescita, sia pure modesta, nell’ordine dell’1%.
Repubblica