Il DL Semplificazioni in vigore dal 17 luglio chiede alla Pubblica amministrazione una spinta sul digitale entro il 28 febbraio. Ecco le principali novità per i cittadini
Entro il 28 febbraio prossimo la Pubblica Amministrazione italiana dovrà cambiare pelle. Lo chiede il decreto Semplificazioni, andato in Gazzetta Ufficiale e in vigore il 17 luglio e che riforma il Codice dell’amministrazione digitale (Cad). Armati di identità digitale (Spid, carta d’identità elettronica), di app governativa “IO” ci si dovrà aprire un mondo di servizi verso l’amministrazione centrale e locale.
Sono novità con un peso strategico importante perché, anche agli occhi dell’Europa, concorrono al rilancio economico dell’Italia.
Una PA che parla in digitale con aziende e cittadini è condizione necessaria per eliminare l’eccesso di burocrazia, fardello che – secondo tutti gli osservatori, vedi dati di Banca Mondiale – blocca lo sviluppo dell’economia (e della società) italiana.
Per lo stesso motivo la principale novità del decreto Semplificazioni è lo snellimento degli appalti.
Non va sottovalutata però l’importanza della riforma dei rapporti tra PA e cittadini, imprese. Riforma da anni inseguita – il primo Cad risale al 2005, ha avuto successive versioni, di cui l’ultima del Governo Renzi ed è nota agli addetti ai lavori come la norma meno rispettata della nostra legislazione. Un paradosso, dato che a doverla rispettare dovrebbe essere la stessa amministrazione italiana. Adesso il Semplificazioni chiede di fare alcune di quelle cose da tempo promesse, più altre nuove, e fissa una data precisa, 28 febbraio. Da interpretare però in modo diverso a seconda dei casi. Vediamo perché e le principali novità.
Tutti i servizi della PA in digitale
Rendere digitali tutti i servizi della PA, anche quelli restati saldamente su carta e allo sportello. Il Cad, nonostante alcuni tentativi poi cassati nella norma finale, non ha mai osato di chiederlo esplicitamente (anche se secondo molti esperti sarebbe un diritto per i cittadini che implicitamente deriva dalle norme).
Adesso, come confermano a Repubblica dal ministero dell’Innovazione, il nuovo Cad, cambiato dal Semplificazioni, chiede agli enti (almeno) di avviare entro il 28 febbraio il processo per questo fine. E l’Agenzia per l’Italia Digitale vigilerà perché il processo sia davvero avviato. Almeno un primo passo insomma. Almeno cominciare a intuire che il proprio ente è nell’era contemporanea e non più negli anni 90 dello scorso secolo, potremmo aggiungere.
L’app io
Come anticipato, al centro di questa rivoluzione ci sarà l’app io, dove i cittadini troveranno tutti i servizi della PA e dove potranno fare anche autocertificazioni e vari moduli. Con il vantaggio ulteriore di essere notificati per le scadenze. Anche in questo caso, entro il 28 deve scattare solo l’avvio del processo. Non solo: “salvo impedimenti tecnici” oggettivi, scrive la norma.
Adesso sull’app c’è una netta minoranza dei servizi digitali della PA (che a loro volta non sono certo la totalità dei servizi della PA). È più facile accedere ai servizi digitali pubblici via Spid, insomma, tramite sito di un comune. E pagare tasse, multe (altra funzione di app io) tramite e-banking o sito di un ente (come l’Agenzia delle Entrate).
Tutti gli accessi ai servizi digitali sono via Spid, Cie, Cns
Una scadenza al 28 febbraio con impatto concreto sul cittadino riguarda l’accesso via Spid, Cie e Cns. Gli enti dovranno permetterlo (si noti che Spid sarebbe già obbligatorio dal 2016), ai propri servizi digitali. Si noti inoltre che la scadenza vale solo per i cittadini. Per l’accesso di professionisti e aziende in queste modalità la norma dice che la data sarà stabilita con successivo decreto attuativo (non sarebbe il primo simile mai più pervenuto, nell’ambito della PA digitale).
Questa novità in ogni caso, ovviamente, non si applica se l’ente non ha (o dice di non avere) servizi digitali. Come spesso accade con i Comuni. Di fatto significa che gli enti non dovranno più permettere l’accesso ai servizi digitali solo con il proprio pin, ma consentire anche le identità digitali universali. Giova a questo scopo il fatto che il decreto ora permette ai cittadini di rinnovare la carta d’identità, e quindi passare alla Cie, prima della scadenza (180 giorni prima).
PagoPa e cambio residenza
Non c’è insomma nessuna garanzia che gli enti mettano online un numero consistente di servizi entro una certa data. Almeno alcuni servizi sono però garantiti, dalla norma. Quelli di pagamento: gli enti sono obbligati ad accettare la piattaforma pubblica PagoPa entro il 28 febbraio 2021.
Quindi permettere di pagare i propri servizi, tasse, tributi, multe in tutte le comode modalità previste, anche digitali. Dal primo marzo le banche non possono accettare pagamenti non PagoPa. La scadenza è quindi perentoria. Salvo però proroghe. E in effetti quella del Semplificazioni è una proroga: la scadenza precedente era 30 giugno 2020, prima ancora era nel 2019 e prima ancora dicembre 2018. Sarà la volta buona?
Altra novità positiva è che almeno il cambio di residenza sarà possibile online: sarà possibile grazie alla piattaforma Anpr dove sono a bordo quasi tutti i Comuni.
Sarà la volta buona?
Ma perché stavolta dovremmo evitare altre proroghe, altri ritardi? Non giova che agli enti la norma chieda di fare tutto questo senza stabilire fondi ad hoc, ma con le attuali disponibilità. Tuttavia fondi extra stanno arrivando: a giugno 50 milioni di euro in pancia del ministero dell’Innovazione; a maggio un bando con fondi del pon governance per portare i piccoli comuni nel digitale.
Altri soldi forse arriveranno dal Recovery Fund europeo, che ha nell’innovazione uno dei principali perni. E in generale, dopo il lockdown e nella crisi economica del covid-19, c’è una forte spinta generale alla trasformazione digitale.
Infine, il Semplificazioni aumenta la pressione sulle PA inadempienti, con una decurtazione dello stipendio dei dirigenti di almeno il 30%. Il Cad precedente sul punto prevedeva solo una vaga “responsabilità” e un impatto sulla valutazione del dirigente (di fatto senza alcuna conseguenza pratica in tutti questi anni).
“Il decreto mostra intenti lodevoli di rendere finalmente esecutivi processi di digitalizzazione della PA avviati da tempo. Ma sembra peccare di un eccesso di entusiasmo e in molte parti, introdurre meccanismi che necessitano ancora di messa a punto per funzionare correttamente”, sintetizza l’avvocato specializzato in PA digitale Eugenio Prosperetti.
“Si punta a digitalizzare forzatamente tutte le principali aree del rapporto tra cittadino e Amministrazione, senza aver ancora reso digitali importanti snodi dei processi interni dell’Amministrazione. L’effetto quindi sarà di semplificazione solo parziale”. Anche parziale, se ben distribuita su tutti gli enti, sarebbe comunque un buon passo avanti sull’esistente.
Repubblica