La parola innovazione evoca scenari fantastici e spettacolari, soprattutto in una regione “depressa” (come qualcuno stupidamente continua a definire la Calabria), ma può sicuramente costituire il fulcro centrale della crescita e dello sviluppo. Con una marcia in più: c’è un precedente storico, dimenticato, osteggiato e contestato, ma pur sempre di grandissimo valore che è il cosiddetto Piano Telematico del 1987. In quell’anno (internet sarebbe esplosa solo di dieci anni dopo) venne costituito il Consorzio Telcal, con una dotazione di 430 miliardi di lire. Doveva sperimentare (e lo ha fatto alla grande) percorsi tecnologici avanzati e innovativi per quegli anni, raccogliendo le migliori risorse umane sul mercato e, soprattutto, preparando e formando centinaia di giovani. Quell’esperienza, poi finita perché il Consorzio non si trasformò in azienda commerciale, ha dimostrato prima di ogni cosa la capacità e la competenza che si era sviluppata in Calabria, con il coinvolgimento dell’Università di Arcavacata (che sarebbe diventata il centro di eccellenza che è). Dalla Calabria, insomma, partiva un modello di “agenda digitale” che solo qualche anno fa è diventato un obiettivo prioritario dell’Unione Europea.
A capo del progetto telematico del Consorzio Telcal c’era un giovane ingegnere calabrese, Nicola Barone, laureato da una decina di anni al Politecnico di Torino. Oggi, Nicola Barone è presidente di Telecom San Marino e consorsio fibra ch efa capo a Telecom. È uno dei maggiori esperti internazionali di telecomunicazione. Abbiamo parlato con lui, chiedendo di ricordare quel progetto e di indicare – vista la competenza – il percorso ideale che la Regione dovrebbe seguire nel processo di innovazione tecnologica che può vederla nuovamente protagonista. Il rettore di Cosenza, Nicola Leone, è una delle masisme autorità nel campo dell’intelligenza artificiale e Cosenza è diventato un polo fondamentale per la tecnologia, con visitors da ogni parte del mondo e laboratori d’avanguardia che hanno un potenziale gigantesco in termini di produttività e sviluppo. Non serve molto: è difficile ripetere eventuali errori del passato quando le risorse finanziarie erano molte e venivano qualche volta spese non in modo adeguato, oggi si può pianificare con maggiore equilibrio, e soprattutto con una visione strategica ben definita delineando gli obiettivi da raggiungere.
– Ing. Barone, cosa ricorda della sperimentazione tecnologica del Consorzio Telcal del 1987?
«Un’esperienza molto bella, nata, secondo me, in momenti difficili e forse in anteprima rispetto alle varie ondate tecnologiche che sono venute successivamente. Anticipava di vent’anni quello che sta succedendo adesso: la cosiddetta digital agenda europea c’è tutta nel progetto della Telcal, un progetto finanziato al 100% dal Ministero dell’Universistà e della Ricerca Scientifica. Quello era un progetto pilota, sperimentale, da replicare poi in altri territori. Per me è stata un’esperiena arricchente perché ho potuto, in maniera diretta, applicare tecnologia all’avanguardia su tutti i vari settori: erano dodici progetti, dall’agricoltura al turismo. Avevamo creato un primo data center di rete. Uno di quei progetti che a me è piaciuto moltisismo è stato quello dell’informatizzazione di tutti gli uffici del ministero della Giustizia. In anteprima in Calabria, quindi tutti i tribunali, le preture, gli uffici giudiziari della regione. Alcuni di questi progetti pilota sono stati poi replicati in altri territori nazionali tipo Genova, Trieste etc. I nostri riferimenti all’epoca erano la dottoressa Maria Viti del Miur e il direttore generale del ministero della Giustizia Floretta Rolleri».
– Com’è entrato nel mondo delle telecomunicazioni?
«Io venivo da un paesino piccolo, Cerchiara di Calabria. Avevo studiato dai salesiani prima, in Puglia, poi sono andato nel lontano 1971 al Politecnico di Torino dove mi sono laureato a luglio 1976. Se devo fare una sintesi della mia esperienza professionale basta dire che sono nato “analogico” e oggi sono al 100% digitale. È chiaro che al te tempo della mia laurea, nel 1976, internet era ancora un progetto militare, sarebbe esplosa nel 1995, oggi è impensabile il business senz ala rete. Se noi pensiamo all’evoluzione delle nuove tecnologie, siamo passati dal model all’adsl, al 5G. Fino agli anni 80 e 90 tutte le telecomunicazioni erano analogiche, così le infratstrutture, mentre il computer che si faceva strada era digitale. Mettere in connessione più computer in una rete di telecomunicazione tra regioni geografiche diverse era già un’impresa, si usavano i modem per modulare e demodulare il segnale da analogico in digitale.
– Lei, nel 2003, ha scritto un libro sulla net-economy del Mezzogiorno. Cos’è cambiato dal 1993 a oggi in Calabria?
«Secondo me, il vero salto di paradigma doveva essere il piano telematico della Calabria. All’epoca poteva diventare veramente la Calabria la California, perché quelli erano gli obiettivi nobili del piano. Certo, il Consorzio non era una società commerciale, il suo compito era realizzare un piano, poi le infrastrutture e i srevizi che venivano realizzati dovevano essere ceduti ai singoli soggetti detsinatari, ovvero la Regione Calabria, il ministero della Giustizia. A distanza di tempo sorge la riflessione che forse si poteva traghettare il Consorzio verso una società, ma ci voleva una legge regionale e nazionale, e quindi trasformare l’iniziativa in una società di riferimento, a livello nazionale ed europeo, nonostante fosse ubicata in Calabria. Quei servizi oggi con internet sarebbe stato posisibile venderli a livello nazionale e internazionale».
– La parola d’ordine del terzo millennio è “agenda digitale”. Se lei dovesse dare un suggerimento alla presidente Santelli sulle attività tecnologiche e della comunicazione da promuovere e da svolgere in Calabria, cosa direbbe?
«Oggi, più che ieri, prendere le esperienze positive nel mondo, cercando di sistematizzare secondo le peculiarità della Calabria di questi 409 comuni della regione con tutti i vari quartieri e fare in modo che il digitale diventi il punto di riferimento. Perché oggi senz ail digitale non si va da nessuna parte. Allora, dato che esistono dei progetti europei di riferimento (vedi l’agenda digitale europea, il mercato unico digitale del 2025 e il grande progetto 2030, deliberato dalle Nazioni Unite nel 2015). In quest’ultimo sono stati individuati oltre 232 indicatori in 17 aree dove voglio abbattere, annullare la fame, dare una mano all’ambiente, con la tutela degli oceani e della terra. In tutti questi importanti progetti di riferimento, secondo me, va coinvolta la Calabria in un grande progetto strategico e innovativo per creare nuovo sviluppo, nuova occupazione, e rendere competitivi tutti i territori. In sintesi, qual è la proposta che umilmente potrei fare alla Presidente Santelli? Fare in modo di implementare un progetto a 360 gradi, digitale, che possa coinvolgere tutti i settori verticali. Quindi, non solo la Pubblica Amministrazione, ma il turismo, l’agricoltura e le piccole e medie imprese. Far emergere le startup, so che ci sono università molto importanti in Calabria. Quindi privilegiare la ricerca, che diventa un polmone importante: occorre coinvolgere le università per farle espandere nel territorio. Allora, ricerca, università e progetto strategico sperimentale che possa permettere un grande salto di paradigma, perché la Calabria possa diventare protagonista nel XXI secolo».
Santo Strati, calabria.live