Negli ambienti interni si possono inalare miriadi di sostanze: da particelle come polvere, allergeni e peli di animali domestici a formaldeide e benzene
Il 2020 sarà ricordato come l’anno in cui si è trascorso più tempo in casa. Prima con il lockdown per contenere la pandemia da Coronavirus, poi con il prolungamento dello smart working, in tanti hanno spostato all’interno delle mura domestiche la maggior parte delle proprie occupazioni: palestra, ufficio, scuola, locale hobby hanno letteralmente “traslocato” nei nostri appartamenti, facendoci riflettere sull’importanza di vivere in un ambiente sano e confortevole. La tendenza a privilegiare gli ambienti chiusi era di fatto iniziata ben prima della pandemia, tanto da avere portato gli esperti a coniare l’espressione “generazione indoor” (per indicare chi arriva a trascorrere fino al 90% del proprio tempo tra casa, ufficio, scuola o palestra), ma le nuove abitudini hanno certamente accresciuto l’attenzione per le condizioni igieniche delle nostre abitazioni. Secondo uno studio commissionato da Dyson a Toluna, la qualità dell’aria è rilevante per il 70% degli italiani soprattutto se si pensa alla cucina.
Questa percentuale tocca quasi l’80% per gli intervistati di Napoli (79% vs 72% per il campione di Milano e 75% per quello di Roma). L’aria che respiriamo negli ambienti interni può infatti contenere miriadi di sostanze, da particelle come polvere, allergeni e peli di animali domestici a gas, composti organici volatili (COV), NO2 e benzene.
I fumi di cottura o alcune modalità di preparazione dei cibi sono sicuramente una delle principali cause dei cattivi odori in cucina: la frittura, per esempio, può rilasciare particolato fine e ultrafine, mentre alcuni prodotti utilizzati per la pulizia delle superfici possono contenere COV: il limonene, uno dei composti che conferisce ai prodotti per la pulizia una profumazione agli agrumi, può reagire con l’;ozono naturale in casa per creare formaldeide, un gas potenzialmente nocivo, 500 volte più piccolo rispetto al particolato PM 0,1 e particolarmente difficile da catturare.
Più della metà del campione intervistato, cucina tutti i giorni, con una media di 6,1 giorni a settimana. Tanto anche il tempo dedicato alla preparazione dei pasti: in settimana le ore sono poco più di due al giorno (2.2), ma salgono se si considerano il weekend o le festività. In media, infatti, le ore passate a cucinare diventano 3 il sabato o la domenica e addirittura 7-8 in occasioni speciali, come il Natale o la Pasqua. Rispetto all’intero campione nazionale, passano più ore in cucina durante le festività gli intervistati di Roma (7.9 ore), mente quelli di Napoli trascorrono ai fornelli più ore nel corso della settimana (2.3) e del weekend (3.5). A Milano va il primato per il minor tempo passato in cucina durante la settimana, con 1.8 ore (vs la media di 2.2 del campione totale).
Tra le modalità di cottura preferite tra gli italiani è al primo posto la preparazione di carne o pesce alla griglia o alla piastra (77%). Seguono in ordine di preferenza la cottura al forno (per il 72% del campione) e la bollitura (per il 71%). Non viene disdegnata la frittura: frigge il 53% degli intervistati, un po’ meno a Milano (il 45%). Considerati il tempo speso in cucina e le modalità preferite di preparazione dei cibi, in cima alle preoccupazioni degli intervistati ci sono gli odori (con il 23%): i più preoccupati sono i romani (27%), seguiti dai milanesi (24%). Altra preccupazione è data dalla presenza di batteri/virus, con una media del 22%. Il dato sale al 27% per gli intervistati di Napoli, che danno a questa problematica rilevanza maggiore persino rispetto agli odori. Un altro aspetto a cui il campione presta particolare attenzione sono funghi e muffe, ritenuti preoccupanti per una media del 22% degli intervistati.
In parallelo, circa il 90% dichiara che eliminare rapidamente i cattivi odori dalle stanze è un’esigenza importante. Se la frittura è ritenuta tra i principali responsabili della creazione di cattivi odori (per il 41%), tra gli alimenti considerati causa, appunto, degli odori vi sono il pesce (24% del campione, con un picco del 31% per gli intervistati di Milano) e il cavolo/cavolfiore (14% del totale, con un 16% per gli intervistati di Napoli).
Per risolvere la problematica gran parte del campione opta per l’areazione dell’ambiente, con l’apertura di porte e finestre (86%) o l’accensione della cappa/aspiratore (74%). Solo una piccola percentuale di italiani ha pensato di ricorrere a purificatori o apparecchi specifici (13% del campione, con un 16% degli intervistati di Roma). Quando interrogato rispetto ai purificatori, il 15% del campione afferma di possederne uno, con un 67% di chi afferma di conoscerli senza ancora averne acquistato nessuno. In generale, è proprio la cucina l’ambiente in cui chi possiede un purificatore o vorrebbe averne uno lo collocherebbe (l’80% degli intervistati), seguita dal salotto/soggiorno per il 29% e dalla camera da letto (29%).
Dyson risponde a tali nuove esigenze con la nuova serie di purificatori di ultima generazione Dyson Pure Cryptomic, dotati di una rivoluzionaria tecnologia che cattura il 99,95% delle particelle ultrafini e distrugge ininterrottamente la formaldeide a livello molecolare, trasformando questo gas potenzialmente nocivo per la salute in piccole quantità di acqua e anidride carbonica. La formaldeide è infatti molto insidiosa perché potenzialmente presente in tanti mobili in legno pressato, antisettici e detergenti, tappeti, tessuti stampati, sigarette, cosmetici, pitture, vernici e colle per i pavimenti, e la sua emissione può essere prolungata, dai 3 ai 15 anni se non smaltita in modo adeguato da un sistema di rigenerazione dell’aria.
Tgcom24