È ancora in corso la trattativa a Bruxelles sui Paesi “sicuri” ai quali riaprire le frontiere dal primo luglio. Cosa si sa e i nodi rimasti da sciogliere
La “data fatidica” della riapertura delle frontiere esterne dell’Ue si avvicina: già da alcune settimane, infatti, si è saputo che i confini che delimitano l’Unione, chiusi a causa dell’emergenza Covid-19, avrebbero riaperto a partire dal primo luglio. Eppure, non a tutte le nazionalità sarà consentito viaggiare nel Vecchio Continente. In queste ore, sono in corso le ultime trattative per finalizzare le due liste di Paesi a cui sarà consentito o resterà vietato entrare in Ue:
Ecco perché il contenuto dei rispettivi documenti, ancora non definitivo, continua a cambiare, mentre gli ambasciatori dei 27 Stati membri sono ancora alla ricerca dell’accordo definitivo.
La riunione del Coreper (il Comitato dei Rappresentanti permanenti alla Ue) è infatti iniziata giovedì a Bruxelles. Secondo quanto riferiscono fonti diplomatiche europee all’agenzia France Presse, “i colloqui sono ancora in corso e andranno avanti fino a lunedì”, visto che alcuni Stati membri hanno chiesto più tempo.
Venerdì, gli inviati Ue si sono accordati su una lista di 14 Paesi che restano per ora “esclusi” dalla riapertura del primo luglio, ma, secondo quanto si apprende, alcuni Stati membri vorrebbero limitare ulteriormente l’apertura delle frontiere ai soli Paesi che presentano una situazione epidemiologica equivalente “o migliore” a quella dell’Ue nel suo complesso.
Anche quando sarà finalizzato, l’accordo sarà in ogni caso una raccomandazione, poiché la decisione finale di aprire o no i propri confini spetterà a ciascun Governo. Questo significa che un Paese Ue potrebbe decidere di non aprire le sue frontiere ai cittadini di uno o più Stati che pure sarebbero riammessi secondo i parametri stabiliti da Bruxelles. D’altra parte, i 27 si sono impegnati a non aprire le frontiere ai cittadini provenienti dai Paesi sulla lista di quelli esclusi dalle riaperture.
Tra i Paesi sicuri, al momento, ci sono:
- Algeria;
- Australia;
- Canada;
- Georgia;
- Giappone;
- Montenegro;
- Marocco;
- Nuova Zelanda;
- Ruanda;
- Serbia;
- Corea del Sud;
- Thailandia;
- Tunisia;
- Uruguay.
Nella lista degli Stati verso i quali resterebbe in vigore il divieto di entrata in Ue, ci sono almeno:
- Stati Uniti;
- Russia;
- Israele;
- Brasile;
- Arabia Saudita;
- Turchia.
Caso particolare, la Cina, che ufficialmente dichiara ad oggi tasso di contagio 0: i suoi abitanti potranno dunque entrare in Europa, a condizione che anche le autorità di Pechino facciano altrettanto con gli europei, cosa che per il momento non succede.
Il Regno Unito, che continua al momento a registrare tassi elevati di contagio, non è invece presente in nessuna lista, in quanto è ancora in corso il periodo di transizione durante il quale, nonostante la Brexit, il Paese continua ad essere trattato al pari di uno Stato membro.
Tra i nodi da sciogliere a Bruxelles, c’è in particolare quello relativo ai criteri di composizione delle liste. Inizialmente, infatti, quella dei Paesi riammessi superava per numerosità la lista degli Stati esclusi (54 contro 57). Poi, però, ha prevalso un atteggiamento più prudente sulla riapertura dei confini, nonostante alcuni Paesi europei fossero preoccupati per ragioni economiche, turistiche o diplomatiche.
I criteri decisivi per il “semaforo verde” sono tre:
- avere un tasso di nuovi contagi ogni 100 mila persone nelle ultime due settimane non superiore a 16,1, che è la media europea;
- presentare un trend di contagi decrescente o quanto meno non in aumento;
- avere un indice di “affidabilità” del sistema sanitario superiore a 57 su 100 (voto medio Ue). Tale punteggio viene assegnato in base ai parametri fissati dall’International Health Regulations dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che misurano la capacità di risposta di una nazione ad emergenze sanitarie pubbliche di rilevanza internazionale.
Il rispetto di questi criteri ha pertanto fatto assottigliare la lista dei Paesi ammessi. Ad ogni modo, tale lista potrà essere rivista ogni due settimane.
Libero.it