Più della metà degli italiani, durante la quarantena hanno accusato un impatto psicologico e il 5,3 per cento ha subito un impatto grave. Sono i risultati di una inchiesta nazionale sul disagio psicologico tra gli italiani durante la quarantena COVID-19 realizzata dal Dipartimento di Salute Pubblica dell’Istituto Mario Negri di Milano guidati da Maurizio Bonati. “Tra il 6 aprile e il 20 aprile 2020 spiegano i ricercatori – abbiamo messo a disposizione online un questionario di 48 domande. Sono stati raccolti dati demografici e informazioni sui sintomi fisici nei precedenti 14 giorni della compilazione del questionario. L’impatto psicologico della quarantena è stato valutato dal COVID-19 Peritraumatic Distress Index (CPDI), un test validato in Italia e in altre nazioni. Complessivamente hanno partecipato 35011 adulti, 20158 dei quali hanno completato questionario. 11.910 (59,1%) provenivano dalla Lombardia, la regione italiana con il 37,7% dei casi positivi identificati durante il periodo del sondaggio. È stata osservata una correlazione positiva tra tasso di risposta (per 10.000 residenti) e i casi positivi di COVID-19 (per 10.000 residenti) per regione. Così come tra il tasso di risposta e la latitudine della regione: una risposta maggiore nel nord rispetto al sud, così come la distribuzione dei casi positivi di COVID-19. Il 30,1% degli intervistati era maschio e il 69,9% era femmina. Poco più della metà (55,9%) degli intervistati aveva 18-50 anni, il 54,3% aveva un livello di istruzione terziaria, il 69,5% erano lavoratori, l’84,1% viveva in case con 3 o più camere durante la quarantena e il 13,7% viveva da solo. La maggior parte dei partecipanti (90,8%) non aveva avuto nuovi problemi di salute nei 14 giorni precedenti all’intervista e il 63,9% era uscito di casa per fare una commissione nella settimana precedente. Circa 10540 partecipanti (52,6%) hanno riportato un impatto psicologico nel corso del periodo di quarantena. Più specificamente, 8897 (44,1%) hanno riportato un impatto psicologico lieve o moderato e 1081 (5,3%) hanno riportato un impatto grave. Per quanto riguarda il tipo di disagio psicologico, 2003 (9,9%) hanno riportato sintomi depressivi di moderata-grave entità; 1131 (5,6%) hanno riportato sintomi moderati-gravi di ansia; 802 (4,0%) hanno riportato di soffrire di sintomi fisici di moderata-grave intensità. L’analisi multivariata dopo gli aggiustamenti ha mostrato che l’intensità dei disturbi era associata al genere (femminile), al primo-secondo livello di istruzione, alla condizione di disoccupato, al vivere in ristrettezze abitative (in una casa con una o due camere), all’aver avuto nuovi problemi di salute e non essere uscito di casa la settimana precedente. Considerando i dati provenienti dalla Regione Lombardia (i più rappresentati e rappresentativi dello studio, per la regione che più ha sofferto del virus in Italia e in tutto il mondo al momento dello studio), è stata osservata una correlazione negativa tra il disturbo psicologico e la distanza dal luogo di residenza da una zona rossa (Nembro-Alzano): più distanti, meno sofferenza. Una maggiore prevalenza di di stress psicologico è stata rilevata fino a 25 chilometri dalla zona rossa, in particolare di grave sofferenza fino a 15 chilometri. I decisori e i professionisti della salute mentale dovrebbero essere consapevoli del fatto che essere messi in quarantena può portare a conseguenze avverse per la salute mentale. Iniziative volte al controllo delle infezioni e al contenimento della malattia dovrebbero prevedere anche interventi di supporto alle persone vulnerabili o che vivono in condizioni di vulnerabilità (anche recenti come una quarantena); in particolare per il recupero psicosociale di tutti coloro che sono a maggior rischio di conseguenze psicologiche e sociali avverse della quarantena.