La pandemia di Covid-19 ci costringerà a vivere per mesi in modo differente, stravolgendo le abitudini e rinunciando a molti aspetti delle nostre vite, a cominciare da quelli che maggiormente hanno a che fare con la socialità. Con ogni probabilità sarà un 2020 senza concerti negli stadi e senza festival, ad esempio. Completamente rivisto anche il calendario delle fiere, un settore fondamentale per l’export italiano, mentre i cinema si interrogano su come riportare il pubblico di fronte a uno schermo che non sia quello della tv del salotto
Migliaia di persone in un unico luogo, adibito appositamente per favorire i contatti e gli scambi: è il leitmotiv delle fiere, un settore che ogni anno genera affari per 60 miliardi di euro e contribuisce al 50% dell’export delle aziende che vi partecipano.
Ma proprio la natura aggregativa di queste manifestazioni rende difficile immaginarne la ripartenza. Ne abbiamo parlato con Giovanni Laezza, il presidente dell’Associazione esposizioni e fiere italiane (Aefi).
Il rischio che di fiere se ne riparli direttamente nel 2021 c’è, e lo ammette lo stesso Laezza: “Chi organizza eventi aggregativi sarà l’ultimo a partire, ed è probabile che staremo tutti fermi fino a dicembre”, dice all’AGI. Ma se così non fosse, il settore sta ragionando su come farsi trovare pronto.
Distribuzione di mascherine, guanti e gel igienizzanti; misurazione della temperatura corporea all’ingresso; sanificazione degli ambienti. E poi, naturalmente, distanze aumentate tra gli stand degli espositori. È così che Laezza immagina il futuro prossimo delle fiere. “Normalmente abbiamo circa 950 eventi all’anno, ma nel primo semestre del 2020 quasi 170 sono già stati annullati o rinviati – spiega il presidente Aefi – Luglio e agosto non sono mesi fieristici, ma da settembre in poi il calendario è pieno”. E lo è ancora oggi, visto che finora in molti hanno deciso di non mollare e di spostare in avanti gli eventi. “È un gesto di grande coraggio – aggiunge Laezza – Tutti ci dicono ‘tenete duro, abbiamo bisogno delle fiere per mandare avanti il nostro business’”.
Il timore di Laezza è che le fiere, nel caso in cui le fiere ricevano un semaforo verde, vedano ugualmente snaturata l’organizzazione degli spazi: “Se ad esempio si decidesse che all’interno degli stand della fiera da 20 mq ci può stare una sola persona, sarebbe un grande problema – sostiene Laezza – Ogni azienda che vi partecipa normalmente manda due o tre rappresentanti per occuparsi di diversi aspetti, dalla comunicazione al commerciale. Se non si potesse più fare, le aziende perderebbero grandi opportunità”.
E poi c’è il tema della competizione internazionale: “Se la regolamentazione in Italia fosse più restrittiva che all’estero, significherebbe stendere un tappeto rosso per la concorrenza straniera”, dice. La richiesta, insomma, è che il protocollo di misure che verrà messo a punto sia uguale a livello internazionale, “altrimenti rischiamo di farci ancora più male”.
“Il rischio che la concorrenza ci batta”
Quasi certamente, in ogni caso, il numero di persone autorizzate a partecipare a fiere e congressi sarà contingentato. Laezza pone però l’accento su un’altra questione, che non ha strettamente a che fare con le regole con le quali dovrà convivere il settore fieristico: “La partecipazione ai nostri eventi dipende da tre fattori – spiega – Oltre che dalla capienza della sala o del quartiere fieristico, anche dal sistema dei voli aerei e dalla funzionalità della ricettività alberghiera e della ristorazione”.
In altre parole: niente fiere internazionali se non si potrà volare normalmente da un Paese all’altro, e neppure se gli alberghi e l’intera filiera del turismo non assicurare i consueti servizi. “Significa che le persone che verranno in fiera saranno meno per fattori che non dipendono soltanto dall’organizzazione del luogo in cui si tiene la manifestazione”, aggiunge Aefi.
“Assisteremo a un ridimensionamento del settore – conclude Laezza – ma mi auguro che sia temporaneo. In questa fase, per sopperire ai mancati ricavi dobbiamo cercare solidarietà dalle istituzioni”. Anche per questo, lo scorso 21 aprile c’è stato un confronto con il sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano, durante il quale si è discusso di implementare, con l’aiuto della Ice, l’agenzia al servizio delle imprese italiane all’estero, un marketplace online a disposizione delle fiere e mettere in contatto domanda e offerta, con il quale sostenere l’export delle aziende italiane.
Agi.it