Alcuni vermi sono geneticamente programmati per morire da giovani allo scopo di aumentare la speranza di vita del resto della colonia.
Quando si parla di evoluzione, l’altruismo è un comportamento complicato da spiegare e giustificare, perché apparentemente non regala vantaggi evolutivi a chi lo pratica. In particolare, una delle forme più estreme di altruismo (morire per lasciare più cibo agli altri) è sempre stata considerata impossibile, perché darebbe un vantaggio competitivo troppo forte a chi rimane in vita e dovrebbe portare alla scomparsa degli individui “suicidi” nel giro di poche generazioni.
Un nuovo studio dell’UCL Institute of Healthy Ageing, però, dimostra il contrario, almeno per quel che riguarda un particolare verme, il nematode Caenorhabditis elegans, nelle cui colonie esistono esemplari programmati geneticamente per morire giovani, così da lasciare più cibo a chi rimane.
Lo studio spiega che secondo alcuni evoluzionisti l’invecchiamento sarebbe un meccanismo evolutosi per tenere sotto controllo la popolazione e lasciare più risorse agli esemplari giovani. È già stato dimostrato che per molte specie non è così, perché gli esemplari che vivono più a lungo sarebbero evolutivamente troppo favoriti rispetto a chi muore giovane. Secondo lo studio, non è questo il caso per le colonie di C. elegans; questi vermi, infatti, possiedono dei geni che, se deattivati, possono allungare enormemente l’aspettativa di vita dell’animale (da due settimane a 20): in altre parole, finché sono attivi servono a “spegnere” l’esemplare dopo un certo periodo di tempo.
I ricercatori hanno costruito un modello al computer della crescita di una colonia di C. elegans in condizioni di scarsità di cibo, e hanno scoperto che un’aspettativa di vita più bassa (e quindi anche minor tempo a disposizione per riprodursi) migliora le prospettive di sopravvivenza della colonia stessa – in altre parole, morire prima di invecchiare significa lasciare più risorse a esemplari più giovani, che possono così prosperare per un breve periodo prima di andare incontro allo stesso destino e lasciare spazio ai propri figli.
Per un esemplare C. elegans, dunque, sarebbe possibile vivere più a lungo se potesse volontariamente disattivare i geni dell’invecchiamento, ma sarebbe anche deleterio per l’intera colonia. I ricercatori specificano che il modello funziona per i nematodi ma non è detto che funzioni per altri organismi, ma spiegano anche che qualcosa di simile potrebbe accadere, per esempio, nei salmoni, i cui adulti muoiono in massa e diventano nutrimento per i piccoli.
Gabriele Ferrari, Focus.it