Ammonta a 57,2 miliardi di euro il costo che ogni anno grava sulle imprese italiane a causa del cattivo funzionamento della nostra burocrazia che – avvolta da un coacervo di leggi, decreti, ordinanze, circolari e disposizioni varie – rende sempre più difficile il rapporto tra le imprese e la Pubblica amministrazione. Il calcolo è della Cgia di Mestre, secondo cui, “al netto delle disposizioni prese dalle singole regioni, soltanto in questi ultimi 2 mesi il Governo ha approvato una dozzina di decreti, costituiti da oltre 170 pagine, per fronteggiare l’emergenza Covid-19. Molti dei quali”, sottolinea la confederazione in una nota, “pressoché indecifrabili: come, ad esempio, il decreto liquidità che ha messo in grosse difficoltà le strutture operative sia delle banche sia del Fondo di garanzia gestito dal Mediocredito Centrale. A distanza di 10 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, infatti”, rileva la Cgia, “nessuna impresa è ancora riuscita a ottenere un euro di prestito. Senza contare che da parecchie settimane commercialisti, consulenti del lavoro e associazioni di categoria sono letteralmente sommersi dalle telefonate degli imprenditori che non sanno se e come possono slittare il pagamento delle tasse, come ricorrere alla Cig, quando verrà erogata ai propri dipendenti o se possono tornare a operare”. Secondo il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo: “In Italia si stima vi siano 160.000 norme, di cui 71.000 promulgate a livello centrale e le rimanenti a livello regionale e locale. In Francia sono 7.000, in Germania 5.500 e nel Regno Unito 3.000. Tuttavia, la responsabilità di questa iperlegiferazione è ascrivibile alla mancata abrogazione delle leggi concorrenti e al fatto che il nostro quadro normativo negli ultimi decenni ha visto aumentare esponenzialmente il ricorso ai decreti legislativi che, per essere operativi, richiedono l’approvazione di numerosi decreti attuativi. Questa procedura ha aumentato a dismisura la produzione normativa in Italia, gettando nello sconforto cittadini e imprese che ogni giorno sono chiamati a rispettarla”. Tuttavia, osserva il segretario della Cgia, Renato Mason, “una soluzione è praticabile. Si potrebbe, ad esempio, ridurre il numero delle leggi attraverso l’abrogazione di quelle più datate, evitando così la sovrapposizione legislativa che su molte materie ha generato incomunicabilità, mancanza di trasparenza, incertezza dei tempi ed adempimenti sempre più onerosi, facendo diventare la burocrazia un nemico invisibile e difficilmente superabile”. La provincia dove il costo annuo sostenuto dalle imprese per la gestione dei rapporti con la Pubblica amministrazione è maggiore è Milano con 5,77 miliardi di euro. Seguono Roma con 5,37 miliardi, Torino con 2,43, Napoli con 1,97, Brescia con 1,39 e Bologna con 1,35. Le realtà imprenditoriali meno “soffocate” dalla burocrazia sono quelle di Enna (87 milioni), Vibo Valentia (82 milioni) e Isernia (56 milioni). La Cgia invita innanzitutto a “semplificare il quadro normativo. Cercare, ove è possibile, di non sovrapporre più livelli di governo sullo stesso argomento e, in particolar modo, accelerare i tempi di risposta della Pubblica amministrazione. Con troppe leggi, decreti e regolamenti”, sottolinea, “i primi penalizzati sono i funzionari pubblici che nell’incertezza si ‘difendono’ spostando nel tempo le decisioni. Nello specifico”, dice la Cgia, “è necessario: migliorare la qualità e ridurre il numero delle leggi, analizzando più attentamente il loro impatto, soprattutto su micro e piccole imprese; monitorare con cadenza periodica gli effetti delle nuove misure per poter introdurre tempestivamente dei correttivi; consolidare l’informatizzazione della Pubblica amministrazione, rendendo i siti più accessibili e i contenuti più fruibili; far dialogare tra di loro le banche dati pubbliche per evitare la duplicazione delle richieste; – permettere all’utenza la compilazione esclusivamente per via telematica delle istanze; procedere e completare la standardizzazione della modulistica; accrescere la professionalità dei dipendenti pubblici attraverso un’adeguata e continua formazione.