Le istituzioni locali e lo Stato non supportano abbastanza i piccoli imprenditori. Per non parlare degli ostacoli della burocrazia e della complessità del fisco. Al netto di queste criticità, grazie ai programmi di formazione e grazie a una buona dose di ottimismo, i professionisti italiani hanno eletto Lombardia, Basilicata e Piemonte come le migliori regioni in cui è possibile fare impresa. Al contrario, maglia nera va a Campania, Calabria e Sicilia. Promossi e bocciati emergono da un sondaggio di ProntoPro.it, portale che mette in contatto domanda e offerta di servizi professionali, sfruttando un database di aziende e lavoratori autonomi distribuiti su 500 categorie di servizi (idraulici, imbianchini, elettricisti, ma anche avvocati e psicologi). Così, a un campione di 2 mila professionisti impiegati per il 95% in attività di piccole dimensioni (non oltre i 5 dipendenti) è stato chiesto di indicare la propria soddisfazione, con una valutazione da uno a dieci, verso la percezione del supporto da parte delle istituzioni locali e del governo; le normative sulla tassazione; le condizioni lavorative; la burocrazia e le aspettative per il futuro. Ne è nata una classifica delle regioni più adatte alla gestione di un’attività professionale.
Le rilevazioni principali. Nonostante, ancora una volta, ci siano trend differenti tra nord, centro e sud, è possibile notare un comune denominatore: la poca fiducia nei confronti del governo. Infatti, uno dei risultati più importanti è che in nessuna provincia o regione il supporto avvertito dai professionisti da parte delle istituzioni locali è sufficiente. Una nota molto dolente, considerando che il campione rappresenta la spina dorsale dell’economia Italiana (le piccole e medie imprese rappresentano oltre il 90% della totalità delle imprese in Italia e di queste, circa il 95% è composto da pmi con 10 o meno addetti). All’opposto, quando si parla di aspettative per il futuro della propria attività queste sono positive, a testimonianza che gli italiani ritengono concreta la possibilità di continuare a fare impresa nel proprio paese. Nel dettaglio, in tema di aspettative sul fatturato, la maggior parte degli intervistati prevede una leggera o grande crescita in questo senso. E la positività è confermata dalle aspettative in merito al numero di impiegati: il 74,28% vede le possibili assunzioni future stabili o in leggera crescita.
Le criticità, invece, sono raccolte attorno a tre fattori: difficoltà nell’avviare un’attività, burocrazia e tasse. Secondo i risultati della ricerca, infatti, oltre il 41,65% dei professionisti ritiene molto difficile avviare un’attività nella propria zona di residenza, a fronte di un 10% circa che valuta abbastanza o molto semplice dar vita a un nuovo business. Un dato interessante da confrontare con la percezione dei professionisti in merito alla burocrazia necessaria a esercitare le rispettive professioni: il 57,16% degli intervistati la ritiene eccessivamente macchinosa. Un eccesso di difficoltà nella gestione della burocrazia sembrerebbe direttamente proporzionale quindi a uno scoraggiamento verso l’avviamento di nuove attività. Il 79,77% dei professionisti, inoltre, ritiene insufficiente l’operato del governo in ambito di tassazione.
In merito ai programmi e agli eventi di networking e formazione disponibili il 61,9% non ne è a conoscenza. Un’occasione persa per le istituzioni? Se leggiamo il dato alla luce di un’altra domanda posta agli intervistati in merito all’utilità di questi progetti, sembrerebbe di sì. Il 70% dei professionisti si è infatti dichiarato interessato e ritiene utili eventi e programmi di formazione e networking. Iniziative di questo genere possono generare anche nuove partnership e opportunità di lavoro per i professionisti che vi prendono parte.
Le migliori… Lombardia, Basilicata e Piemonte sul podio, solo grazie a convincenti programmi di formazione e buone aspettative per il futuro Entrando nel merito, tra i professionisti prevale insoddisfazione riguardo al supporto offerto dalle istituzioni. Per il 75% la propria regione non fa abbastanza, e la percentuale sale all’82% se si passa a valutare il supporto che arriva dallo stato. La causa? Soprattutto per lacci e lacciuoli dell’apparato burocratico e per l’operato del governo in materia di tasse. Infatti più di un professionista su due (precisamente il 57%) ritiene che la burocrazia sia troppo complessa, a danno dell’avviamento di nuove attività e della gestione del quotidiano. Addirittura per l’80% dei professionisti inoltre il governo non gestisce in maniera ottimale le tasse, un’obiezione che riguarda la quantità di imposte da pagare, ma anche la gestione del gettito fiscale. Fermandosi solo a questi aspetti nessuna regione avrebbe raggiunto la sufficienza, mentre a spostare l’ago della bilancia ci hanno pensato due fattori che hanno influito in maniera importante sulle valutazioni assegnate dai liberi professionisti a enti locali e regioni: formazione e aspettative. Per esempio, gli eventi formativi organizzati in Basilicata hanno trovato il gradimento di quasi il 90% degli intervistati. Invece l’ottimismo gioca un ruolo primario in Lombardia e Piemonte, dove i piccoli imprenditori hanno assegnato un punteggio molto vicino al 9 alle aspettative che hanno per il futuro della propria attività, sia in termini di crescita del fatturato che assunzione di nuovi dipendenti.
… e le peggiori In tre regioni del Sud, Campania, Calabria e Sicilia, il sostegno che arriva da enti locali e nazionali è stato giudicato con un livello non superiore al 4. Voto che scende al 3, in tutte le regioni, in merito al supporto offerto dalla propria regione. Cosa lamentano gli imprenditori? Innanzitutto poca chiarezza, per esempio nel reperire le informazioni relative al proprio settore. Manca, quindi, un rapporto più diretto fra amministrazioni e lavoratori autonomi. E ancora, la burocrazia farraginosa, che, per esempio, implica requisiti giudicati assurdi per poter partecipare ai bandi. Senza tenere in considerazione, poi, l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro.
Roxy Tomasicchio, ItaliaOggi Sette