(di Cesare Lanza per Il Quotidiano del Sud) «Tutti sappiamo che in America gli immigrati italiani, i contadini meridionali, erano considerati dei subumani. Ma sono stati loro, la manodopera italiana, a costruire le grandi città americane. Fra quegli uomini c’era mio padre. Era nato nel 1925 a Giovinazzo, in Puglia, per anni fece avanti e indietro con l’America. Per sei anni provò a entrare, ci riuscì solo quando il governo stabilì le quote» [John Turturro a Silvia Bizio, La Repubblica].
OGNI RICORDO UN FIORE, LO CASCIO ORDINA LA SUA VITA
Luigi Lo Cascio (Palermo, 20 ottobre 1967) alla libreria Galla di Vicenza ha presentato il suo libro “Ogni ricordo un fiore” (Feltrinelli). Simone Casalini ha scritto sul Corriere della Sera: «Riflettere sui frammenti di sé e della propria vita, assumendo la cronaca, i racconti delle persone intime e le esperienze come un caleidoscopio dell’esistenza. Frammenti che non sono nemmeno tessere di un mosaico, ma incominciamenti e prosecuzioni, interruzioni e deviazioni di storie che forse mai si compiranno. È un esordio luminoso, e pieno di intuizioni, quello che Luigi Lo Cascio – uno degli attori must del cinema italiano, con una carriera di scelte autoriali e personaggi che sono rimasti nella memoria collettiva (dal Peppino Impastato dei “Cento passi” al Nicola Carati della “Meglio gioventù”) – ha compiuto in letteratura con il suo ultimo romanzo.Un libro che gioca su due registri: il viaggio dell’aspirante scrittore Paride Bruno da Palermo a Roma, e i 230 abbozzi di romanzo che ha scritto e che ora vorrebbe riordinare. La tensione stilistica è il legame che sistematizza ogni pagina dell’opera. – Lo Cascio, come è nata l’idea di un romanzo? “Sono un lettore tardivo, ho cominciato in modo serio e diverso quando ho iniziato a frequentare l’Accade mia nazionale di arte drammatica a Roma. E ho iniziato anche a scrivere come necessità in risposta a suggestioni potenti che provenivano dai grandi testi, da Euripide a Kafka.Mi era dunque capitato di elaborare testi teatrali e la sceneggiatura del film “La città ideale”, di cui ho curato anche la regia. Però non era più sufficiente. E mi sono interrogato: le cose che mi capitano sono suscettibili di diventare l’inizio di una storia, narrazione?”. – E così è nato “Ogni ricordo un fiore”. Da dove è partito per costruire una struttura così anomala nonostante il tópos classico del viaggio? “Dagli incipit dei romanzi. È stato un processo di ricerca, febbrile: il racconto di un amico o di mia madre, un articolo di giornale, un fatto,un episodio: ho convertito tutto questo nell’ipotesi di una storia potenziale. Ogni mattina mi svegliavo, e subito uno o due incipit venivano a trovarmi. Quando ne ho raccolti ottanta-cento, mi sono chiesto se potevano diventare un libro. E come, dal momento che era un cumulo dirottami? Lì è nata l’idea della cornice e di un alter ego al contrario: mentre scrivevo questi incipit con gioia, ho creato un personaggio – Paride Bruno – con un malessere, l’in compiutezza cronica multi-fattoriale. A quel punto, da una parte proseguivo a scrivere incipit e dall’altra la cornice, il viaggio in treno da Palermo a Roma”.
ACCOSTATO A PIRANDELLO, BUFALINO, CONSOLO E GADDA
– Il registro stilistico è raffinato. È stato accostato a Pirandello, Bufalino, Consolo, Gadda e Manganelli. Niente male: si ritrova? “Sono autori che ho letto, ammirato e che hanno lasciato una traccia, un gusto.Non direi un modello,perché sarebbe paralizzante. La ricerca di una voce personale è sempre forte nella scrittura siciliana. Metto Pirandello al primo posto perché andiamo al di là della scrittura: dire Pirandello è come dire Sicilia. C’è lo scetticismo, la maschera, l’umorismo”. – Paride Bruno percorre il tragitto da Palermo a Roma, un elemento della sua biografia. Ha mai pensato di svolgerlo definitivamente al contrario come ritorno? “Gli eventi della vita non mi hanno fatto compiere una scelta ultimativa. Certo, se dovessi essere scrittore e basta, eliminando gli spostamenti che richiede la vita da attore…”.