Bper ha chiuso il 2019 con un utile pari a 379,6 milioni, in calo rispetto ai 402 dell’anno precendente, che però comprendeva utili non ricorrenti. Sul risultato netto dell’esercizio pesano anche alcune componenti straordinarie, fra cui gli oneri relativi alle uscite di personale e maggiori accantonamenti su crediti, saliti di 150 mln rispetto al primo semestre “anche in coerenza con la prevista accelerazione del processo di de-risking”. A comunicarlo è la stessa banca in una nota; il cda ha deciso di proporre ai soci un dividendo in crescita a 14 centesimi rispetto ai 13 del 2018. Bper, tra le altre iniziative gestionali sul credito problematico, ha avviato le attività per una nuova operazione di cartolarizzazione di un portafoglio di sofferenze da finalizzare entro il primo semestre 2020 con l’obiettivo di raggiungere con oltre un anno di anticipo il target di NPE ratio lordo sotto il 9% previsto dal Piano industriale per il 2021. “Il 2019 è stato un anno straordinario sotto molti aspetti. Abbiamo lavorato contemporaneamente su più fronti e con una molteplicità di obiettivi da raggiungere, in coerenza con le linee strategiche del nuovo Piano industriale presentato ad inizio anno”, sottolinea l’ad Alessandro Vandelli (nella foto). “Le prospettive per il 2020 sono positive sia in termini di crescita sia di redditività e ulteriori significativi progressi sono attesi con riferimento alla solidità patrimoniale e all’asset quality: in riferimento a quest’ultimo punto, stanno proseguendo secondo i piani le attività relative alla nuova operazione di cartolarizzazione di sofferenze che si prevede di finalizzare indicativamente entro il primo semestre dell’anno che, unitamente alle altre iniziative gestionali sul credito problematico, ci consentiranno di raggiungere, con oltre un anno di anticipo, il target di un NPE ratio lordo sotto la soglia del 9% previsto dal Piano industriale per il 2021”, ha concluso.
Amplifon ha collocato un prestito obbligazionario non convertibile da 350 milioni con scadenza a 7 anni. A comunicarlo l’azienda stessa; la cedola del bond è di 1,125% e la domanda ha superato i 3 miliardi di euro. Il collocamento “è in linea con l’obiettivo di Amplifon di costantemente ottimizzare la propria struttura finanziaria, diversificando le fonti di finanziamento ed allungando la durata media del debito. I proventi sono finalizzati al rifinanziamento dell’indebitamento esistente e per le generali attività dell’azienda”, come spiega una nota. “Il forte interesse del mercato dimostrato dagli ordini pari a oltre 3 miliardi di euro, così come l’elevata qualità degli ordini ricevuti confermano ancora una volta l’apprezzamento nei confronti di Amplifon da parte del mercato, grazie al nostro solido track-record di una forte e consistente capacità di esecuzione e generazione di cassa. Con questa operazione rafforziamo ulteriormente la nostra struttura finanziaria, aumentando la flessibilità, allungando la durata media del debito e diversificando le fonti di finanziamento,” ha commentato l’ad Enrico Vita.
Wellness Holding, la società che custodisce il 44,78% di Technogym, pari al 61,85% dei diritti di voto, cederà il 4,98% del capitale della società attraverso un accelerated bookbuilding. L’operazione, spiega una nota, “intende anche soddisfare l’auspicio manifestato dagli investitori per un aumento del flottante e della liquidità del titolo”; per effetto del collocamento, la partecipazione di Wellness Holding in Technogym si ridurrà al 39,80% del capitale, pari al 56,94% dei diritti di voto.
I fattori di sostenibilità Esg (Environmental, Social e Governance) non sono ancora al centro degli investimenti dei gestori italiani. A evidenziarlo una ricerca dedicata a questo tema e prodotta dalla banca d’investimento Equita, pensata per analizzare in che modo il processo di inclusione delle valutazioni e dei fattori ESG risulti già incorporato nelle strategie di investimento degli asset manager attivi in Italia, quali siano le principali difficoltà operative riscontrate dalle case di investimento nella definizione di tali strategie e quali possano essere le principali esigenze per favorire una diffusione più ampia e qualificata della sostenibilità e dei fattori Esg. Uno dei principali risultati che emerge è che l’inclusione della sostenibilità nel processo di valutazione delle aziende è ancora distante dall’essere universalmente adottata (il 24% dei rispondenti non tiene ancora in considerazione i parametri di sostenibilità nel processo di valutazione, mentre il 56% ne tiene conto sono marginalmente); poche realtà tra i rispondenti (solo il 20%) hanno strutturato un team interno per effettuare un’attenta analisi sulle società oggetto di potenziale investimento e la maggior parte utilizza rating prodotti dalle agenzie di rating Esg (36%) o non utilizza una specifica metodologia di analisi (44%). Peraltro, la qualità dell’analisi condotta dai provider viene per lo più valutata inadeguata o appena sufficiente dall’80% dei rispondenti. Tra i suggerimenti che emergono dall’analisi, gli investitori apprezzerebbero la predisposizione di un set informativo su questi temi di tipo sintetico, standardizzato e facilmente consultabile da parte delle società valutate. Questa esigenza si evince sia per le large cap che per le small cap, ed è sentita maggiormente per le società che sono già dotate di rating Esg (84% dei rispondenti lo ritengono abbastanza o molto utile) rispetto a quelle sprovviste di rating (76%).
Il credito Valtellinese ha chiuso il 2019 con un utile netto pari a 56,2 milioni di euro. Rispetto al 2018 e i suoi 31,7 milioni, c’è un aumento del 77%. La banca ha fatto registrare una raccolta commerciale pari a 16,4 miliardi di euro (+7,8%), trascinata dall’aumento dei depositi e conti correnti. Il margine di interesse si è attestato a 347,5 milioni di euro, in calo rispetto all’anno precedente. Le commissioni nette si sono attestate a 249,1 milioni di euro. I proventi operativi sono pari a 637,4 milioni di euro. In calo del 18,8% le spese del personale che sono pari a 265,6 milioni.