La Germania si prepara a dire definitivamente addio al carbone nel 2038. Per riuscirci pensa a un sostanzioso piano di compensazione per i produttori.
Quaranta miliardi di euro in 18 anni: tanto investirà la Germania per rinunciare definitivamente al carbone, che oggi assicura al Paese circa un terzo del suo fabbisogno di elettricità. Cifra e tempistiche sono indicativi dello sforzo e della lungimiranza che occorrono per affrancarsi dai combustibili fossili e sperare in un futuro a zero emissioni.
Gli occhi del mondo sono puntati sulle misure che l’Unione Europea, il terzo maggiore emettitore di gas serra, prenderà per ridurre la sua impronta di CO2 all’indomani del lancio del Green Deal, il pacchetto di misure per raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050. E la Germania, seppure in una fase di crescita debole, rimane la maggiore potenza economica d’Europa.
Lenta trasformazione. La decisione è stata annunciata dopo una trattativa durata mesi tra i ministri del governo tedesco e i rappresentanti dei quattro principali stati federati estrattori di carbone. Alcune regioni, soprattutto nella parte orientale e più povera del Paese, sono ancora fortemente dipendenti dalla lignite, il “carbone marrone” che conserva la struttura del legno dal quale ha avuto origine. Questo combustibile, insieme ai carboni bituminosi importati, costituisce la principale fonte di emissioni serra del Paese, che per il 2022 pianifica la totale dismissione del nucleare (6 reattori operativi, a copertura del 12% del fabbisogno di elettricità – dati World Nuclear Association 2018).
Con l’abbandono del carbone e la rinuncia alle centrali nucleari, fortemente osteggiate dall’opinione pubblica, il Paese avrà bisogno di una massiccia espansione sui fronti dell’energia eolica e solare. Nell’ultimo quarto del 2019, le fonti rinnovabili hanno fornito il 42% dell’elettricità prodotta in Germania.
Sarà abbastanza? La cifra stanziata servirà alla compensazione degli operatori delle centrali a carbone, al supporto alle regioni che ospitano le principali miniere, alle misure per proteggere e formare i lavoratori rimasti senza impiego e ad attutire l’impatto che la conversione energetica avrà in bolletta per i consumatori. Nel 2026 e nel 2029 saranno effettuate revisioni del piano per capire se si possa arrivare all’abbandono completo del carbone nel 2035, tre anni prima della scadenza annunciata.
Il programma del governo tedesco è stato infatti criticato dalle organizzazioni ambientaliste, perché fuori tempo massimo secondo le previsioni dell’IPCC, che auspica una riduzione dei due terzi dei consumi globali di carbone entro il 2030. Osteggiata anche l’intenzione di riconvertire alcune delle centrali in chiusura con impianti a gas naturale: sostituire una fonte fossile con un’altra rischia di rallentare ulteriormente il passaggio alle rinnovabili e il cammino verso emissioni nette zero.
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