Gli studenti universitari che fanno un uso eccessivo di Internet hanno una ridotta capacità di apprendimento. Queste, in estrema sintesi, le conclusioni di uno studio condotto dall’Università degli Studi di milano e dalla britannica Swansea University. I risultati sono stati pubblicati sul Journal of Computer Assisted Learning. Allo studio hanno partecipato alla ricerca 285 studenti di corsi di laurea di ambito sanitario, valutati sotto diversi aspetti: uso delle tecnologie digitali, capacità di apprendimento, motivazione, ansia e solitudine. Emerge una relazione negativa tra dipendenza da Internet e motivazione: i soggetti fortemente dipendenti da Internet hanno ammesso di avere maggiori difficoltà a organizzare lo studio in modo produttivo e di essere più preoccupati per gli esami. La dipendenza da Internet sarebbe inoltre associata a un senso di solitudine che renderebbe ancora più difficile studiare. “I risultati suggeriscono che gli studenti con una forte dipendenza da Internet potrebbero essere a rischio di demotivazione e quindi di prestazioni inferiori”, commenta Phil Reed dell’Università di Swansea. Il 25 per cento del campione ha dichiarato di trascorrere più di quattro ore al giorno online, il resto da una a tre ore al giorno. Gli studenti vanno su Internet soprattutto per i social network (40 per cento) e la ricerca di informazioni (30 per cento). Roberto Truzoli dell’Università Statale di Milano spiega: “La dipendenza da Internet compromette una serie di capacità come il controllo degli impulsi, la pianificazione e la sensibilità alla ricompensa. Tali lacune potrebbero rendere più difficile lo studio”. Oltre che a una scarsa motivazione e capacità di studiare, la dipendenza da Internet risulta associata a una maggiore solitudine. A sua volta, la solitudine rende ancora più difficile lo studio in quanto incide sulla percezione della vita universitaria. La minore interazione sociale legata alla dipendenza da Internet acuisce il senso di solitudine e di conseguenza riduce la motivazione a impegnarsi in un ambiente caratterizzato da un forte coinvolgimento sociale come quello accademico. “Il processo di digitalizzazione dei nostri atenei – aggiunge Reed – non può prescindere da una valutazione dei possibili esiti: è una strategia che presenta opportunità, ma anche rischi non ancora pienamente riconosciuti”.