Il presidente della Federazione russa Vladimir Putin vuole creare una grande enciclopedia russa che contenga informazioni affidabili, sostituendo così Wikipedia.
La notizia aleggiava già da alcune settimane ma, stando all’agenzia stampa russa RIA Novosti, ora il progetto sta cominciando a prendere forma. Il ministero per lo Sviluppo digitale, già lo scorso settembre, aveva presentato una proposta di legge prospettando un investimento di 1,7 miliardi di rubli (circa 24 milioni di euro).
Durante le ultime ore il progetto sta prendendo corpo, tanto da spingere il primo ministro Dmitry Medvedev a ratificare la nascita di un centro nazionale di ricerca per la Wikipedia russa, i cui contenuti verranno aggiornati e verificati da un apposito dipartimento statalizzato.
Già nel corso del 2015 la Russia ha bandito l’accesso alla versione in lingua di Wikipedia, a causa di un articolo relativo ai cannabinoidi, risultato indigesto al Cremlino.
Inoltre, il 2 dicembre appena trascorso, il presidente Putin ha firmato una legge che diventerà effettiva il primo luglio del 2020, secondo la quale in Russia sarà bandita la vendita di smartphone sui cui non sono pre-installati software e app gradite al governo. La legge, ribattezzata “legge anti-Apple”, è stata pensata per ‘proteggere i consumatori’ e favorire il comparto tecnologico nazionale, oppresso dalla concorrenza occidentale che, per il Cremlino, è sleale.
Pare evidente che questa decisione mette al centro del mirino, tra le tante app ritenute scomode, anche Telegram, applicazione di messaggistica istantanea creata dal russo Pavel Durov e più volte osteggiata in patria, a causa dei continui rifiuti della Telegram LCC (una Srl con base in Inghilterra) di rilasciare al governo di Mosca informazioni sui propri utenti.
Reporter senza frontiere, Ong che si batte per la libertà di informazione e di stampa, ha duramente criticato le iniziative russe che si estendono anche ai giornalisti, sia locali sia esteri. Il parlamento russo ha anche approvato una legge che autorizza il governo a considerare al pari di agenti stranieri giornalisti e blogger che diffondono notizie pubblicate da fonti messe al bando ed elencate in una blacklist corposa.
Essere ritenuti “agenti stranieri” comporta pesanti conseguenze giuridiche, ed è la medesima etichetta che veniva assegnata alle spie quando ancora esisteva l’Unione sovietica e quando l’attuale presidente Putin era un funzionario del Kgb. Secondo il World Press Freedom Index, indice che misura la libertà di stampa in 180 paesi, la Russia occupa il 149° gradino, alle spalle del Venezuela e subito prima del Bangladesh.
Giuditta Mosca, Business Insider Italia