Le luci notturne disturbano lo sviluppo e la riproduzione di molti insetti, oltre ad avvantaggiare i predatori. E così si rischia l’estinzione…
Ogni anno nel mondo, e accade ormai da qualche anno, la massa totale degli insetti decresce del 2,5%, un ritmo che ne porterebbe alla completa scomparsa
nel giro di un secolo.
I conservazionisti la chiamano “insect apocalypse” e, se è vero che le api sono l’esempio più eclatante di insetti che rischiano di sparire dal pianeta Terra, il rischio di estinzione coinvolge tutte, ma proprio tutte, le specie di insetti del mondo: senza di loro, gli ecosistemi del pianeta crollerebbero uno dopo l’altro. Le cause di questo evento sono le solite (inquinamento, consumo di suolo, cambiamenti climatici…), ma una nuova ricerca ne porta alla luce, è proprio il caso di dirlo, un’altra, altrettanto devastante: il suo nome è… ALAN.
La sigla sta per “artificial light at night“: si usa quindi per indicare tutte le fonti di luce artificiale che teniamo accese di notte, illuminando innaturalmente il cielo e l’ambiente circostante. Ebbene ALAN, come scoperto dallo studio della Tufts University in Massachusetts, crea un sacco di problemi agli insetti, in particolare quelli notturni: solo per fare qualche esempio, le lucciole fanno fatica a trovare il loro partner, molte falene trovano la morte contro lampade e lanterne varie, e troppa luce rende qualsiasi specie di insetto una preda facile perché ben visibile a uccelli, pipistrelli e altri predatori.
Diversamente da altre forme di inquinamento, però, quello luminoso – che al momento colpisce circa un quarto della superficie terrestre – è il più facile da contrastare, e soprattutto non lascia “impronte” una volta risolto: come dice Brett Seymoure, primo autore dello studio, «una volta spenta, una luce non lascia più traccia di sé; non dico che dobbiamo spegnere tutte le luci notturne in tutto il mondo, solo che dobbiamo usarle saggiamente e con misura», se non vogliamo tra cento anni ritrovarci in un mondo senza insetti.
(da Focus.it)