Dimenticate quello che hanno rappresentato Vienna o Berlino negli anni della Guerra Fredda, ora è Bruxelles la capitale delle spie in Europa. Sede delle istituzioni dell’Unione Europea e del quartier generale della Nato, ma anche di decine di ambasciate e di importanti compagnie internazionali: è così che la capitale belga è diventata una postazione strategica per le operazioni dei servizi di intelligence stranieri e una base usata soprattutto dalla Cina per estendere la sua influenza in Europa.
«È noto che ci siano molte spie a Bruxelles e che oggi lo spionaggio dalla Cina sia fonte di grande e crescente preoccupazione», ha detto a Bloomberg, Bruno Hellendorff, ricercatore allo Egmont Royal Institute for International Relation. Già all’inizio dell’anno lo European External Action Service (Eeas) aveva messo in guardia sulla presenza a Bruxelles di centinaia di spie russe e cinesi, ammonendo diplomatici e funzionari militari nel tenersi alla larga da locali e ristoranti vicini alla sede della Commissione.
Il rapporto della diplomazia europea – ripreso a febbraio dal quotidiano tedesco Die Welt – stimava in circa 250 le spie cinesi con base nella capitale belga, un numero superiore a quelle russe. L’ambasciata della Repubblica Popolare a Bruxelles definì però i rapporti «infondati», aggiungendo che «la Cina rispetta la sovranità e non interferisce negli affari interni degli altri Paesi». Negli ultimi tempi uno dei casi più noti è stato quello di Xu Yanjun: arrestato lo scorso anno in Belgio ed estradato negli Stati Uniti dove è stato indagato per spionaggio economico.
Il reclutamento
Secondo il Dipartimento di Giustizia, Xu – già funzionario del Ministero della Sicurezza dello Stato di Pechino – avrebbe tentato di sottrarre segreti commerciali da diverse compagnie americane nel campo dell’aviazione e dell’aerospazio. Ma proprio a Bruxelles, Xu Yanjun avrebbe incontrato dipendenti della Ge Aviation – specializzata in motori per velivoli civili e militari – reclutandoli per viaggi pagati e «scambi» con università della Repubblica Popolare. Poi una volta in Cina, i computer degli ospiti venivano violati e i dati contenuti raccolti.
Invece, lo scorso ottobre è stata la volta di Song Xinning, già direttore dell’Istituto Confucio della Vrije Universiteit Brussel, sospettato di spionaggio e su cui è stato imposto un bando di otto anni dall’ingresso nello spazio Schengen. Secondo il giornale belga De Morgen, Song avrebbe operato come reclutatore per i servizi di intelligence della Repubblica Popolare e assunto informatori tra gli studenti cinesi e la comunità d’affari di Bruxelles. Anche se gli Stati Uniti rimangono il principale obiettivo dello spionaggio della Repubblica Popolare, cresce l’attività dei servizi cinesi nel Regno Unito, in Polonia, in Francia e in Germania.
Gli investimenti
«I cinesi stanno diventando molto più attivi di quanto non fossero 10 o 20 anni fa», spiegava Charles Pattorn, diplomatico britannico con una lunga esperienza in Cina. Secondo gli esperti, è un sistema politico rissoso e frammentato, oltre a un approccio delle autorità locali rilassato verso gli investimenti che arrivano dalla Repubblica Popolare, ad aver trasformato il Belgio in uno dei Paesi più esposti alle attività dell’intelligence cinese. Non mancano poi casi di politici lusingati con viaggi e cene, prima che i loro rapporti troppo stretti con Pechino finiscano sotto la lente d’ingrandimento della giustizia.
È stato il caso di Filip Dewinter, parlamentare del partito di destra Vlaams Belang, sospettato di aver svolto attività di consulenza per la European Chinese Cultural and Educational Foundation: una organizzazione no-profit sostenuta dal governo cinese e in odore di condurre attività di spionaggio per conto di Pechino. Le accuse contro Dewinter sono cadute a febbraio, anche se il parlamentare belga ha poi dovuto ammettere «forse mi sono fidato troppo di queste persone».
Francesco Radicioni, La Stampa