(di Roberto Napoletano per Il Quotidiano del Sud) Il colpo del secolo tentato dall’ex ministra leghista, Erika Stefani, passata alla storia per avere mentito in Parlamento sulla distribuzione tra Nord e Sud dei trasferimenti pubblici, è stato sventato. Non bastava a lei e ai Governatori di Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna la pancia piena di 60 miliardi l’anno di spesa pubblica allargata (coinvolge tutti i soggetti istituzionali e economici) indebitamente sottratti alle regioni meridionali. Voleva allungare le mani fameliche anche sulla spesa statale centrale dove permane un minimo di perequazione solidaristica tra i territori. Per questo ci è difficile indulgere alla critica qualunquista, tanto peggio tanto meglio, di chi boccia senza se e senza ma lo sforzo di una legge quadro di Autonomia del ministro Boccia che ribalta totalmente la logica miope di rapina che ha dominato fino a oggi portando a azzerare (0,15% del Pil) la spesa per infrastrutture di sviluppo nelle regioni meridionali teorizzando e perseguendo un disegno di integrazione industriale e di servizi tra Nord Italia e Nord Europa. Scelta più miope non si poteva compiere.
Abbiamo perso tutta la grande impresa privata del capitalismo familiare italiano. Abbiamo liquidato con leggerezza masochista l’esperienza di successo dello Stato imprenditore vero orgoglio italiano. Abbiamo fermato la macchina degli investimenti pubblici e abbiamo trasferito un imponente assegno pubblico assistenziale al Nord accomunandolo alle peggiori pratiche clientelari del Sud. Ci siamo ritrovati in braghe di tela con i “giganti” privati del Made in Italy ridotti a contoterzisti o, al massimo, a subfornitori di qualità dei colossi tedeschi se non comprati tout court dai grandi player della finanza e dell’impresa pubblica e privata d’Oltralpe e con un Mezzogiorno depauperato di ogni tipo di infrastruttura e di spesa sociale al punto da determinare la più clamorosa caduta di reddito pro capite e il risultato finale di avere sottratto al Nord produttivo il suo principale mercato di consumi interno. Vale molto di più di quello comunque in caduta delle esportazioni che è il mercato interno tedesco. Questo, non altri, è il vero motivo per cui i due territori italiani, il Nord e il Sud, sono gli unici in Europa a non avere raggiunto i livelli pre-crisi del 2007 rispettivamente con un meno 2,4 e un meno 10,2.
Davanti a questo spettacolo terrificante porre al centro del nuovo progetto di autonomia la perequazione infrastrutturale e la determinazione entro un anno dei livelli essenziali di prestazione resta una strada obbligata per interrompere la più dannosa delle slot machine che la macchina estrattiva del Nord ha inserito indisturbata nelle pieghe del bilancio pubblico italiano. Se il tempo passa senza fare niente il Sud non ci guadagna nulla, anzi ci perde molto perché il modello attuale ha la caratteristica di fare in modo che automaticamente il ricco diventa sempre più ricco e il povero sempre più povero.
Però, attenzione, su ciò che la Spesa Storica ha significato per questo Paese non è possibile fare sconti a nessuno nell’interesse quasi prima del Nord che del Sud perché, alla fine, anche la refurtiva prelevata sistematicamente dal ricco nella casa del povero in prospettiva si esaurisce per l’inevitabile morte prematura del secondo. Per questo insistiamo che si inserisca nella legge sulla Autonomia la spesa media strutturata 2000/2017 dei conti pubblici territoriali e si veda con chiarezza che la spesa pubblica pro capite al Sud è sempre stata nettamente inferiore alla media italiana. Dal 2009 poi il killer spesa storica ha moltiplicato i suoi effetti in termini distorsivi di spesa sociale e si è coniugato con l’azzeramento degli interventi infrastrutturali. Si faccia un confronto con quello che è avvenuto nei decenni precedenti quando il Paese andava molto meglio e se ne tenga conto algebricamente nella perequazione infrastrutturale. Si blindi questo indicatore, deve diventare un parametro cogente, e così l’Italia ripartirà. Altrimenti il sovranismo in salsa federalista e subfornitrice prima ci emarginerà in Europa politicamente e economicamente. Tutti, Sud e Nord, anzi meglio: Nord e Sud. Poi lentamente ci condannerà a un declino finale dal quale non ci si rialza più. Perché sparisce l’Italia.