Lagarde mette il clima al centro del mandato, ma rischia di trovare un board diviso. Le campagne internazionali Finance Watch e Positive Money: “Elimini dai portafogli asset ad alta intensità di carbonio”. Sei titoli su dieci del Qe non sono “amici” dell’ambiente. Il nodo della market neutrality
L’onda verde di Greta risale il Meno fino a bussare alle porte della Banca centrale europea. Centosessantaquattro organizzazioni non governative, associazioni, sindacati ed economisti hanno preso carta e penna per chiedere alla neo presidente della Bce, Christine Lagarde, un impegno immediato: l’Eurotower di Francoforte deve essere un soldato in prima linea nella lotta ai cambiamenti climatici. Un ruolo che la stessa neo presidente ha invocato, ma per ricoprire il quale servirà un primo sforzo politico di compattamento del board.
“Riteniamo che l’istituzione finanziaria più potente d’Europa non possa rimanere passiva di fronte alla crescente crisi ambientale“, si legge nel testo che porta in calce le firme – tra le altre realtà – della Fondazione Finanza Etica e di Enrico Giovannini, ex ministro del Lavoro e portavoce dell’Alleanza per lo sviluppo sostenibile. Un pressing che sale grazie alle campagne internazionali Finance Watch e Positive Money, che mettono in guardia: “I rischi fisici legati ai cambiamenti climatici potrebbero comportare perdite fino a 24 mila miliardi di dollari del valore degli asset finanziari globali”. Anche per questo, la finanza deve cambiare: “Abbiamo bisogno di un massiccio spostamento dei flussi” di denaro e investimenti “verso una transizione a basse emissioni di carbonio e socialmente equa”.
L’appello alla Bce bussa a una porta che non si può certo dire barricata. Basta consultare le agende delle società d’investimento e delle facoltà economiche per notare come l’investimento secondo i cosiddetti criteri Esg (Environmental, Social, Governance ovvero ambiente, ricadute sociali e governo delle società) sia diventato un must: è l’argomento del momento, anche nel mondo delle grisaglie e degli squali di Wall Street.
Sono quasi 31 mila i miliardi di dollari investiti nei cinque maggiori mercati (Europa, Usa, Canada, Giappone, Australia-Nuova Zelanda) in asset “sostenibili“, secondo la Gsia. E l’Europa guida il movimento con 14 mila miliardi di euro.
La preoccupazione verso il clima si è imposta anche sull’agenda politica. Climate Transparency si batte perché nei G20 si taglino 127 miliardi annui di sussidi alle sole fonti fossili e, in Italia, l’Asvis da tempo chiede una revisione degli oltre 19 miliardi annui di sussidi ambientalmente dannosi. Verde è l’impronta che la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, sta dando al suo mandato. La Banca europea per gli investimenti ha appena preso una decisione – sofferta – storica a suo modo: da fine 2021 non finanzierà progetti legati alle fonti fossili, gas incluso, e piazzerà mille miliardi nel decennio su iniziative nelle rinnovabili e nell’efficienza energetica.
La stessa Lagarde, in audizione all’Europarlamento poco prima di raccogliere il testimone da Mario Draghi, ha scandito che la lotta al cambiamento climatico “dev’essere al centro della missione della Bce e di ogni altra istituzione”. I governatori, sotto l’impulso di Mark Carney della Banca d’Inghilterra, hanno dato vita a un Network for Greening the Financial System, del quale fa parte la stessa istituzione centrale europea. Che potrebbe inserire la questione climatica nella prima revisione sistematica sul proprio modus operandi da inizio millennio.
Non si può dunque dire che l’impulso della società civile sia un sasso gettato in mezzo ad acque stagnanti. Ma quel che si chiede, anche alla luce dei nuovi record di emissioni in barba agli impegni di Parigi, è il classico cambio di passo.
Già un anno fa, l’allora membro del comitato esecutivo Bce Benoit Coeuré ragionava di cosa potesse fare la Bce per combattere il cambiamento climatico, riconosciuto tra i rischi per la stabilità finanziaria. Al di là dei miglioramenti alle proprie infrastrutture e di una gestione attenta del proprio fondo pensioni, il vero bazooka nelle mani di Francoforte è il piano d’acquisto di titoli lanciato nel 2015 per tirare l’Europa fuori dalle sacche della deflazione. Nella sua parte dedicata alle obbligazioni delle aziende, l’Eurotower ha messo in portafoglio poco meno di 182 miliardi di euro. Spiegano dalla Fondazione Finanza Etica – sulla base di un report di Positive Money di aprile – che c’è il rischio che oltre il 60% delle risorse iniettate dalla Bce sia andato ai quattro settori che incidono maggiormente sul cambiamento climatico: estrazione e distribuzione di combustibili fossili, automotive, imprese energivore e utility. Scorrendo l’elenco dei 1.245 titoli coinvolti nel piano al 22 novembre si trovano non di rado colossi dell’oil&gas. Di contro, solo il 7% del portafoglio sarebbe amico dell’ambiente.
Coeuré si era già posto il problema di escludere questo tipo di asset dal Quantitative easing, un po’ come fanno alcuni fondi che non prendono neanche in considerazione titoli o debito di aziende giudicate climaticamente dannose. Ma ha risposto alla questione ricordando che la Bce deve agire secondo il principio della market neutrality, ovvero senza spostare gli equilibri in un segmento di mercato. E ha poi sottolineato come – nonostante questo principio resti fermo – non le sia stato precluso di acquistare pesantemente green bond, i titoli costruiti proprio per finanziare la transizione energetica, dando loro un implicito sostegno.
La posizione della Bce si intreccia con quella della Commissione europea: a Bruxelles si stanno muovendo le pedine della cornice legale per l’impulso definitivo agli investimenti sostenibili. Due passi su tre sono stati compiuti, con la definizione dei benchmark sulle emissioni per definire la qualità ambientale degli investimenti e degli obblighi di rendicontazione per gli investitori istituzionali. Manca la madre di tutte le partite, quella sulla “tassonomia della sostenibilità”: la creazione di una definizione comune di cosa sia “sostenibile” e cosa no. Un processo che, secondo quanto deciso dal Consiglio Ue, potrebbe maturare solo nel 2022 con una “etichetta della sostenibilità” a prova di operazioni di greenwashing.
La lettera a Lagarde chiede di anticipare questi tempi: “Non possiamo aspettare anni per studiare i rischi finanziari a lungo termine; le banche centrali devono utilizzare tutti gli strumenti a loro disposizione per prevenire proattivamente tali rischi”. In pratica, la Bce dovrebbe “eliminare gradualmente dai propri portafogli asset ad alta intensità di carbonio”. Aggiunge Simone Siliani, direttore della Fondazione Finanza Etica: “Anche prima di aver definito la tassonomia degli investimenti sostenibili, possiamo concordare che l’attività mineraria o petrolifera possa esser già esclusa”.
All’obiezione di doversi muovere rimanendo market-neutral, la campagna ribatte citando Nicholas Stern autore del Piano per salvare il pianeta: “Se si è d’accordo che il cambiamento climatico è un risultato del più grande fallimento del mercato che il mondo abbia visto, l’idea che la politica monetaria dovrebbe semplicemente rispecchiare il mercato equivale ad aggiungere un fallimento normativo a quello del mercato”. Non manca una dose di realismo nella campagna, che riconosce come ci potranno esser resistenze nel Direttorio di Francoforte. “Dovrà essere il board ad assumere una linea politica in questa direzione – ragiona Giovannini – e sappiamo che le sensibilità sono diverse: il governatore Visco sta portando Bankitalia su posizioni molto avanzate su questi aspetti, mentre dalla Bundesbank recentemente hanno richiamato Lagarde a non occuparsi di questi temi, perché estranei al mandato”.
Insomma, dopo le spaccature sulle scelte di Draghi di politica monetaria, anche la posizione sul clima potrebbe agitare il board. Ma, chiosa Giovannini, “le indicazioni di Von der Leyen, supportate dal Parlamento europeo, sono un segnale che non potrà essere ignorato da nessuna istituzione europea. Mi aspetto che, alla prima occasione, il Parlamento chiederà a Lagarde di assumere una posizione rispetto alla sostenibilità e la carbon neutrality: non sarà più una lettera isolata e il board della Bce dovrà dare risposte chiare”.
Repubblica.it