Giovedì si terrà al Salone Imperiale dell’Hotel Quirinale in Roma, in via Nazionale 7, il convegno dell’ANFP (Associazione Nazionale Funzionari di Polizia) sulle radici del terrorismo islamico. Nell’ambito del Convegno verrà presentato il volume “Galassia Islamica le ragioni del terrore” di Sandro Menichelli (nella foto). Interverranno, insieme a Menichelli, Franco Gabrielli (Capo della Polizia e direttore generale della Pubblica sicurezza), Lamberto Giannini (direttore centrale Polizia di Prevenzione) e Luigi Carnevale presidente ANFP. Parteciperanno, anche, i deputati Maurizio Gasparri, Emanuele Fiano, Alberto Pagani, Maurizio Cattoi e il segretario generale SIAP Giuseppe Tiani. Serena Bortone, la conduttrice di Agorà, modererà l’incontro, che sarà introdotto da un intervento del segretario ANFP Enrico Maria Letizia. Il convegno rifletterà, come già accennato, sulle radici del terrorismo islamico. Lo si farà in maniera accurato, seguendo le linee guida tracciate dal libro. Se la cronaca e le inchieste giornalistiche ci hanno purtroppo reso famigliari termini quali jihad, califfato, foreign fighters, permane il problema di comprendere a fondo le ragioni di chi, anche se cresciuto nelle società europee e secondo i nostri valori, sceglie, professandosi islamico, la strada del terrorismo. La minaccia cui sono ora sottoposte le società occidentali è solo quella resa manifesta dall’esecuzione di attentati oppure è tale da assumere altre forme meno evidenti ma comunque ugualmente pericolose? Ed ancora. Come è possibile elaborare un’efficace strategia di prevenzione e contrasto di questi fenomeni senza prima capire chi sono queste persone e perché siamo ormai divenuti loro bersagli? Quali sono le ragioni del loro odio nei nostri confronti? Cosa si può fare e, soprattutto, cosa si sta facendo a livello nazionale ed europeo nei confronti di questa inaccettabile deriva di violenza? Queste sono alcune delle domande cui cerca di rispondere il libro, attraverso l’individuazione dei tratti caratterizzanti. Per Franco Gabrielli “l’esperienza dello Stato Islamico, grazie all’intervento di una coalizione internazionale, sembra ormai al crepuscolo. Ma nulla potrà essere come prima, perché le migliaia di combattenti accorsi nei territori siro-iracheni, i c.d. foreign terrorist fighters, molti dei quali europei, stanno lentamente tornando nei Paesi di origine, portando nelle nostre città il carico di esperienze e di “odio antioccidentale” accumulati nel territorio dello Stato Islamico. La differenza con il passato è, dunque, abissale. Prima i processi di radicalizzazione e reclutamento avvenivano nell’oscurità di segreti luoghi e ci apparivano lontanissimi. Oggi i jihadisti hanno profili Facebook, sono giovani occidentali che non parlano l’arabo e, tuttavia, hanno portato jihad nelle nostre comunità. E ancora: “Eppure ancora oggi, quanti hanno gli strumenti “culturali” per comprendere fenomeni così complessi? Quanti conoscono gli elementi comuni e i tratti distintivi tra sunniti e sciiti o l’impostazione wahhabita? Purtroppo ancora troppo pochi. Per gran parte di noi risultano tuttora incomprensibili le ragioni di chi uccide e muore per una causa ritenuta “santa”, come negli attentati di Bruxelles, Copenaghen, Tolosa, Nizza, Strasburgo, Lione, Berlino, Londra, Parigi, per citare solo gli ultimi”. E infine, per Gabrielli è “troppo semplicistico ricondurre il fenomeno a mera manifestazione di disagio sociale o fenomeni di mancata integrazione. Le cause sono molteplici e ben più complesse”.