«Tutte le misure per spingere il Paese verso l’uso della moneta digitale ci consentiranno di recuperare risorse per tagliare l’Irpef». L’obiettivo? «Unificare al 20% le due aliquote del 27 e del 23 lo considero un bell’obiettivo a cui ambiamo, ma non voglio esagerare e sbilanciami». Giuseppe Conte è negli uffici italiani all’ottavo piano di Justus Lipsius. In una pausa del Consiglio europeo, e prima di incontrare il presidente francese Emmanuel Macron, torna sulla manovra di bilancio approvata salvo intese. «L’abbiamo approvata salvo intese perché siamo arrivati con il fiatone – sostiene Conte – è normale che ora occorrerà rivedere alcuni testi normativi, ma l’intesa politica è stata raggiunta e la manovra approvata». Il salvo intese «ci consente di ricontrollare ciò che abbiamo approvato».
Quindi, poiché «formalmente non serve un altro Consiglio dei ministri», l’appuntamento immaginato per lunedì sarà dedicato al decreto terremoto e le questioni aperte, limite ai contanti e deduzioni concesse alle partite Iva sino a 65 mila euro, potrebbero risolversi solo in Parlamento mentre su come modulare e spalmare il taglio del cuneo fiscale prende tempo: «Abbiamo sino a luglio».
Sulle dichiarazioni del ministro degli Esteri, che ha messo in discussione alcuni passaggi della manovra, Conte non si sbilancia anche perché, sostiene di non aver avuto modo di parlare con Luigi Di Maio impegnato a Washington.
IL TASSELLO
«Vedremo, però sui dubbi sul limite al contante non è che si riporta la manovra in Consiglio e la si riapprova. È un tassello. La manovra ha una struttura molto complessa – sostiene – e per carità tutte le osservazioni verranno valutate. Qualche aspetto dei meccanismi della flat tax delle partite Iva sino a 65 mila euro si potrà valutare più approfonditamente». La soddisfazione per essere riuscito a trovare l’intesa nasconde le difficoltà e fa escludere grandi sorprese in aula. «Abbiamo lavorato molto bene, in un grande clima. C’è qui il ministro Enzo Amendola che ne è testimone. In un manovra così complessa ci sono stati vertici, discussioni ma nel complesso un lavoro positivo dove tutti hanno collaborato e la direzione di marcia è chiara». Però sul decreto fiscale non tutto è filato liscio, proviamo a chiedere. «Sull’uso del contante c’è stata una forza politica che ha sollevato perplessità – ammette – io non ho fatto mistero che si potesse portare da duemila a mille il limite senza particolari scossoni sociali. Ma anche a duemila va benissimo. Ma questo non è un aspetto dirimente rispetto a quello che abbiamo fatto, ma dovevamo dare un segnale». «Avrei voluto di più ma va bene così. Ma ripeto, non è questo il punto centrale del piano cashless’ che orienta i cittadini verso l’uso della moneta elettronica e di meno contante». E sottolinea: «Il contante è un costo anche per le banche. Ci sono studi che stimano il costo a 10 miliardi l’anno perché dietro c’è un grande impiego di persone che custodiscono, trasportano, gestiscono il contante. Se noi ci orientiamo verso pagamenti digitali non favoriamo solo l’emersione, e comunque non stiamo rendendo più difficile l’uso del contante. Chi lo vuol fare, può pagare ancora contanti senza nessuna penalizzazione. Ma chi partecipa al progetto avrà veri benefici che derivano proprio dall’uso della moneta elettronica». Il costo delle commissioni bancarie rischia di inceppare il meccanismo anche se Conte sostiene che «proprio da qui siamo partiti» e quindi il governo si è già mosso anche sul fronte bancario e degli intermediari finanziari.
LA TASK FORCE
La caccia all’evasione per tagliare l’Irpef tagliando gli scaglioni, è la mission che Conte assegna alla maggioranza per il prossimo anno. Una task force, annuncia verrà istituita tra palazzo Chigi e ministero dell’Economia, per ridurre le tasse al ceto medio nel tentativo di levare acqua alla propaganda leghista che domani manifesterà in piazza San Giovanni con il resto del centrodestra. Conte non sembra preoccuparsi più di tanto delle iniziative di Salvini. «Quando si avrà il quadro completo della manovra si comprenderà il processo riformatore. Questa non è una manovra di chi doveva evitare una competizione elettorale». E poi, sottolinea, «i sondaggi del governo sono buoni» il gradimento personale del presidente del Consiglio è oltre il sessanta per cento e «quando vado in giro ho un’accoglienza incredibile». Poi «vanno bene anche i partiti» che sostengono il governo, sottolinea. «Invito le forze di opposizione a dare un contributo all’attività di governo», anche perché «l’eco agostano di una possibile ed imminente competizione elettorale si è spento».
LA PIAZZA DI CENTRODESTRA
Chi sta all’opposizione «organizzi pure manifestazioni di piazza. Ci sta. Come è ovvio che svolga il suo ruolo in Parlamento anche duro e fortemente critico», ma a Conte interessa «il progetto riformatore» sul quale rendere sempre più coesa una maggioranza destinata – nei disegni del presidente del Consiglio – a competere con l’attuale centrodestra. La prossima settimana dovrebbe vedere la luce un nuovo decreto terremoto che «non sarà un decreto elettorale», perchè «ho fatto decine di incontri e di visite» nelle zone del sisma. Un decreto per accelerare le procedure che conterrà «pure risorse finanziarie», anche se – spiega – «sarà un intervento chirurgico per risolvere una serie di problemi» che rallentano la ricostruzione. Domani Conte sarà a Perugia e in Umbria si attende per il fine settimana una fitta presenza di esponenti della maggioranza. Ma il risultato elettorale «non è un test per il governo anche perché c’è stata la convergenza su un candidato ma è avvenuta in tempi ristretti».
Il confronto tv tra i due Matteo dice di non averlo visto e di Russiagate non intende parlare prima di essere audito dal Copasir, ma su Erdogan la linea resta dura mentre sulle sanzioni non si sbilancia e si rimette alle decisioni dei Ventisette.
Marco Conti, ilmessaggero.it