Anche le banche sono chiamate a fare la loro parte per aiutare il governo a chiudere i conti del 2020, con 1,6 miliardi messi a riduzione del deficit. Si tratta di un intervento sulla massa dei crediti d’imposta degli istituti, che nella sostanza ricorda da vicino un prestito forzoso a interessi zero imposto dallo Stato a proprio vantaggio. In teoria le banche potrebbero far valere per i prossimi dieci anni i crediti d’imposta legati a sgravi fiscali sulle perdite dovute a vecchi prestiti finiti in default. Di fatto è un loro patrimonio. Tuttavia, la Legge di bilancio stabilisce che 1,6 miliardi di questi crediti verso lo Stato non sono godibili nel 2020, ma in futuro. Il patrimonio delle banche resta intatto, anche se l’anno prossimo dovranno procurarsi quegli 1,6 miliardi altrove. Nella sostanza non c’è una copertura strutturale del deficit, perché il governo si limita a spostare al futuro il saldo di un debito che ha verso le banche. Ma il ricorso stesso a questa operazione – per il secondo anno di seguito – dà un’idea di come sia stato difficile per il ministero dell’Economia chiudere i conti fra le mille linee rosse dei partiti.
Ci copiano e con la “Via della Seta” ci copieranno sempre di più. O meglio la probabilità che i falsi made in Italy, così come la pirateria di prodotti frutto del lavoro intellettuale, sia destinata a crescere, rischia di aumentare. Come dire che in fatto di protezione della proprietà l’Italia è ancora debole, lontana dai Paesi del G7 e più a rischio nei confronti della Cina, uno dei Paesi dove a copiare sono bravissimi. Lo dice l’International Property Index Right, indice che ogni anno misura a livello mondiale, quanto viene tutelata la proprietà dai singoli Paesi. Sia a livello fisico (beni e merci), che intellettuale. A stilarlo è la Property Right Alliance, think tank indipendente, che ha preso in considerazione 129 Paesi che rappresentano il 98% del Pil mondiale e il 93% della popolazione.
Ebbene l’italia, si colloca al 46esimo posto, ben distante dagli altri Paesi del G7, dopo il Bahrein e la Giordania. A spingerci così in basso sono alcuni fattori tra cui l’instabilità del sistema politico, le problematiche legate alla giustizia civile, l’alta percezione sulla corruzione. Tutto ciò che nell’indice è sotto la voce “sistema giuridico e politico”. Siamo promossi, al contrario, ma con un 6 risicato, su voci quali “tutela dei diritti fisici” e “tutela dei diritti intellettuali”. Siamo avanzati fino a toccare un punteggio di 8,6 su 10 però per quanto riguarda i brevetti.
Ai vertici della classifica si piazzano invece Finlandia, Svizzera, Nuova Zelanda, Singapore e Australia. E se quest’anno abbiamo migliorato un poco, guadagnando 0,132 punti, per un risultato finale di 6,126 su 10 (contro il 7,9 medio dei Paesi del G7), negli ultimi 5 anni eravamo leggermente scesi. Siamo tornati a galla insomma, riemersi, ma secondo uno studio condotto da Giacomo Baldini, direttore di Competere Ue, che è il referente italiano della Proprierty Right Alliance, la via della Seta e la sua apertura potrebbero penalizzare l’Italia e farci tornare all’insufficienza.
“Il made in Italy – spiega Giacomo Baldini – è infatti penalizzato dalla concorrenza sleale dei prodotti contraffatti, che provengono per la maggior parte dalla Cina e da Hong Kong”. E l’apertura della Via della Seta potrebbe acuire il fenomeno. Ecco perché gli altri Paesi europei sono stati più cauti e per ora non hanno fatto come l’Italia che con il precedente governo ha firmato, unico, un preaccordo con la Cina. La conferma arriva dai dati su cause e arbitrati, il 67% sono proprio con la Cina. Il rischio è che l’Italia si trasformi in un punto di transito verso l’Europa per nuove merce contraffatta a danno delle imprese europee e nazionali”. E non è solo un fatto di concorrenza sleale. Scorrendo i dati si comprende come i Paesi che proteggono meglio la proprietà con marchi, brevetti, copyright sono anche i più innovativi. “Perché i diritti di proprietà – spiega Pietro Paganini, presidente di Competere Ue – sono un indicatore chiave del successo economico e della stabilità politica”. Una lotta quella contro pirateria e falsi ancora aperta.
Barbara Ardù, Repubblica.it