Per dare vita a Shakespeare finì per smarrire il suo volto
Uno degli attori più importanti del XX secolo collezionò quattro Oscar e tre mogli Condusse un’esistenza nella doppiezza, anche sessuale. Ma amò solo Vivien Leigh
(di Cesare Lanza per LaVerità) Per capire l’importante (e forse nobile) doppiezza di Laurence Olivier, uno dei più grandi attori – in teatro non nel cinema – d’ogni tempo, è significativa questa sua confidenza: «Spesso la gente chiede a mia moglie Joan: “Come fa a capire quando Larry sta recitando e quando no?”. E mia moglie risponde sempre: “Larry? Oh, ma lui recita sempre”. In fondo al cuore so soltanto di non capire bene quando recito e quando no o meglio, per essere ancora più sincero, quando mento e quando no. Perché, cosa è la recitazione se non menzogna, e cosa è la buona recitazione se non una menzogna convincente?». Nella sua vita privata si trovano prove evidenti della sua doppiezza. Olivier fu uno straordinario amante bisessuale, curioso, inquieto e senza disciplina. Il 25 luglio 1930 si sposò con Jill Esmond, definita dal biografo di Laurence, Donald Spoto, come una «lesbica diffidente». Dal matrimonio nel 1936 nacque un figlio, Tarquin, quattro anni dopo i due divorziarono, il 29 gennaio 1940. Il matrimonio era in crisi da tempo. Nel 1938 era esploso il più grande amore della sua vita, con una relazione di fuoco con Vivien Leigh (all’epoca già sposata). Quando i due riuscirono a divorziare, subito si sposarono: il 31 agosto 1940 nel ranch di San Ysidro a Santa Barbara in California. Al matrimonio partecipò anche Katharine Hepburn, testimone di nozze. Laurence e Vivien divorziarono vent’anni dopo, il 2 dicembre 1960. Olivier infine sposò Joan Plowright il 17 marzo 1961, e da lei ebbe tre figli: Richard (1961), Tamsin (1963) e Julie Kate (1966). La prima moglie, Jill Esmond, aveva accusato la Leigh di essere corresponsabile di adulterio, e di essere causa del divorzio. Vivien, dotata forse anche di umorismo, utilizzò la stessa accusa, imputando alla Plowright di avere fatto lo stesso, mettendo in crisi il suo matrimonio. Joan Plowright dichiarò: «Ho sempre sentito dire che io sarei la rovina famiglie che ha causato il divorzio di Laurence da Vivien Leigh. Ma Danny Kaye era in relazione con Laurence ben prima di me», con riferimento a quanto scritto dal biografo Donald Spoto a proposito del fatto che Kaye e Olivier fossero amanti. Spoto scrisse anche che Laurence ebbe una relazione con lo scrittore Noél Coward. Del resto che Olivier fosse bisex è provato da alcune sue lettere di amore. Il grande attore non ha mai ammesso la sua omosessualità. Interessante – il massimo della sincerità in pubblico, sulla sua intimità un ricordo in cui lui si definisce «una femminuccia» e racconta come fosse stato preso di mira e picchiato a cinghiate da un insegnante nevrotico, reduce della guerra. Le lettere d’amore scritte da Laurence lasciano poi intendere che l’attività sessuale dell’attore non riguardò solo le donne, ma anche un uomo con il quale ebbe un’appassionata relazione sentimentale. Epistole che saranno pubblicate in una biografia scritta da Terry Coleman, ex editorialista del quotidiano The Guardian. Anche se le indiscrezioni hanno provocato indignazione e furia tra i parenti e gli eredi di Olivier, che a quanto pare avrebbero tentato di censurare alcuni capitoli del libro, in uscita in Inghilterra in ottobre.
La vita sentimentale di Olivier fu tormentata da chiacchiere e testimonianze esagerate. Anche dalla sua ultima moglie, come ho riferito. Questo tipo di rivelazioni appaiono in diverse biografie: in primis in quella di Donald Spoto anche come Joan Plowright, subentrata alla Leigh nel cuore di Olivier, impose al marito di rompere la sua lunga e chiacchierata storia d’amore con il comico americano. Una vicenda che soprattutto dopo la scomparsa dei due divi, ha causato varie polemiche, le confessioni della Plowright e qualche passo indietro. Si sa che Danny Kaye, benché sposato, aveva avuto varie relazioni omosessuali, come quella con il ballerino Nick Long conosciuto negli anni Trenta (in una tournée in Inghilterra) e scomparso prematuramente in un incidente d’auto nel 1949. Qualunque sia stata la verità, è indiscutibile che nella vita di Olivier la storia d’amore più nota e romantica fu con Vivien Leigh. Che piacque a tutto il mondo perché erano due leggende di Hollywood: lui protagonista di Cime tempestose e di Rebecca, la prima moglie e lei irresistibile in Via col vento. La storia d’amore era partita in segreto e quando diventò pubblica riuscì a spezzare due matrimoni. La Leigh era legata a un avvocato di 13 anni più vecchio di lei, Herbert Leigh Holman, Olivier a Jill Esmond. L’amore era esploso durante le riprese del film Elisabetta d’Inghilterra (1936), i due erano amanti per finzione. Un matrimonio finito nel 1960. Su Vivien pesavano il talento e il successo di Laurence, a fronte di alcune perfidie che venivano riversate su di lei dai critici per le prestazioni artistiche. Addirittura il suo malessere diventò un problema bipolari Ricoveri penosi in ospedali, trasgressioni, infine la rottura. E tuttavia i due grandi amanti anche dopo la separazione continuavano a scriversi lettere e lettere con passione e nostalgia. Documenti ora conservati negli archivi del Victoria and Albert Museum. Duecento sono state pubblicate dal Guardian e da altri importanti giornali inglesi. Alcune oggi sarebbero definite «bollenti». In una di queste Olivier scrive alla Leigh del suo illimitato desiderio: «Mi sono svegliato con un furioso desiderio di te, amor mio… Buon Dio, quanto ti volevo. Forse tu nel frattempo ti stavi accarezzando da sola…». E non mancano i particolari scabrosi: «Sono seduto qui nudo, con le mie parti intime avvolte nelle tue mutandine. La voglia di te è così intensa». «Se ci fossimo amati solo con i nostri corpi suppongo che sarebbe andato tutto bene», le scrisse poi Olivier. «Invece ti amo con molto di più, ti amo con l’anima». E l’affetto tra i due non finì mai. Così Olivier, dopo il loro divorzio e nonostante i tradimenti: «Hai affrontato la situazione nobilmente e coraggiosamente… sono così dispiaciuto, veramente dispiaciuto che tutto questo sia stato un simile inferno per te». I problemi di salute portarono la Leigh alla morte nel 1967, Diceva a tutti che la sua vera vita era stata quella con «Larry boy», in arte Laurence Olivier.
Alcune dichiarazioni di Olivier aiutano a capire in profondità il suo carattere. Ad esempio il rapporto con il padre: «Ho sempre pensato che il problema di fondo tra me e mio padre era che lui non riusciva a vedere il minimo scopo nella mia esistenza». Sul suo mestiere di attore: «I più intelligenti tra i miei giovani colleghi sono d’accordo nel dire d’aver scelto questo mestiere per soddisfare un forte bisogno di “esprimere sé stessi”. Per quanto mi riguarda, non posso vantare nemmeno questo livello di intelligenza: onestamente devo confessare, con un po’ di vergogna, che ero conscio solo del mio bisogno di mettermi in mostra». Sulla sua identità: «Spesso la gente mi chiede cosa faccio per divertimento, ma io mi sento molto a disagio se sto facendo religiosa, che essere utili è tutto».
Sandro Pertini: «Non dimenticate che il grande artista conosciuto in tutto il mondo, Olivier, dopo una rappresentazione data da Eduardo De Filippo a Londra, andò a trovarlo in camerino, piegò il ginocchio e gli baciò la mano per ammirazione». Più severo Jack Mamet: «Non sopporto il modo di recitare di Laurence Olivier. È rigido, impacciato, musone, falsamente modesto e ingeneroso… Io ho fame e lui mi serve un menù illustrato». Infine Joseph Mankievicz: «Penso che Larry Olivier avesse fatto sacrifici tremendi, soprattutto per il teatro. Merita la sua posizione come primattore dei teatro in lingua inglese: non ha rivali. Ma viveva con una disciplina: aveva viaggiato in abbonamento da Brighton per anni, aveva vissuto del magro salario che il National theatre gli pagava, mantenuto da tutte quelle piccole partì nei film. Marlon Brando non ha mai avuto questo tipo di disciplina. Aveva un talento selvaggio che poteva essere imbrigliato, ma non si poteva controllare l’uomo. Certamente non aveva l’amore per il teatro che ha Larry». Laurence Kerr Olivier, barone Olivier (Dorking, 22 maggio 1907 – Steyning, 11 luglio 1989) era figlio di un pastore anglicano di origine ugonotta. Recitò fin da bambino, dopo il ginnasio si iscrisse alla London’s centrai school of speech training and dramatic arts e a 22 anni debuttò in teatro, affermandosi subito, a Broadway con lo spettacolo Murder on the second floor. Molto attivo a Londra e New York, è considerato il miglior interprete dei personaggi di Shakespeare (memorabile la sua interpretazione di Romeo in Giulietta e Romeo). Nel 1932 Hollywood lo chiama per recitare accanto a Greta Garbo in La regina Cristina, ma lei gli prefersce John Gilbert. Così Olivier dovrà attendere il 1939 per ottenere il successo cinematografico con il film La voce della tempesta di William Wyler. L’interpretazione gli vale la prima candidatura all’Oscar a cui ne seguiranno altre undici. È stato il primo a ottenere un Oscar come miglior attore diretto da sé stesso per il film Amleto (1948). Oltre ad Amleto, memorabili sono le sue trasposizioni cinematografiche di altri capolavori di Shakespeare come Enrico V (1944, con cui vince un Oscar speciale) e Riccardo III (1955). Nel 1947 viene nominato cavaliere, nel I960 baronetto, e nel 1970 Pari d’Inghilterra. Nel 1976 riceve un Oscar alla carriera. Morì nel 1989 a Steyning nel West Sussex in Inghilterra a causa di complicazioni di malattie neuromuscolari e cancro all’età di ottantadue anni. Quindici anni dopo la sua morte Olivier apparve in un nuovo film. Per mezzo delle tecnologie digitali di grafica computerizzata, alcuni filmati realizzati quando era giovane vennero integrati in un film di fantascienza.