Un giorno il Trattato di Dublino sarà rinegoziato, ma i tempi non sono brevi. In attesa di quel giorno, il presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte ha presentato alla neo presidente della commissione Europea Ursula von der Leyen un’alternativa da perseguire cominciando a mettere insieme una coalizione di Stati membri volenterosi, disposti ad avviare un meccanismo temporaneo.
Ieri a Bruxelles, nel corso della sua prima visita in veste di rappresentante del nuovo governo italiano, durante un colloquio di circa un’ora, Conte è stato molto esplicito: «C’è grande disponibilità a trovare subito un accordo per la redistribuzione dei migranti salvati in mare, ancorché temporaneo». In pratica, si tratta di trovare un’intesa tra sei-sette Paesi per evitare che ogni nave che si avvicini alle coste italiane si trasformi in un incubo a cielo aperto. Il governo italiano ha già l’appoggio di Francia e Germania, e sta avviando colloqui per assicurarsi il sostegno di Spagna, Portogallo, Lussemburgo e Romania. L’intesa – che sarà definita nei dettagli al prossimo incontro tra i ministri degli Interni Ue a Malta, il 23 settembre prossimo – si incardina sostanzialmente su due punti: la definizione di una percentuale di accoglienza ripartita tra i Paesi partecipanti, e la caduta – all’interno di questa percentuale – della distinzione tra rifugiati e richiedenti asilo. Si supera in questo modo uno degli ostacoli maggiori previsti dal trattato di Dublino, secondo cui soltanto determinate categorie di migranti hanno diritto a restare nel Paese di sbarco. Ogni Paese avrà il compito di individuare, all’interno della percentuale che gli è stata destinata, chi ha diritto all’asilo e chi no, evitando in questo modo che il Paese di accoglienza si sobbarchi, da solo, i tempi e i modi per definire le singole situazioni. «Il meccanismo – ha detto il premier Conte – lo stabilizzeremo, lo modificheremo, lo perfezioneremo, ma assolutamente dobbiamo uscire dalla gestione dei casi emergenziali affidati alla sola Italia». E chi non ci sta? «I Paesi riluttanti – ha detto Conte con chiaro riferimento al gruppo Visengrad – ne risentiranno sul piano finanziario, in modo consistente».
La reazione della presidente von der Leyen è stata positiva, e proprio per rafforzare con il sostegno della commissione un accordo che è a tutti gli effetti intergovernativo (e dunque più fragile, nella misura in cui i governi possono cambiare, e con essi gli orientamenti e gli impegni presi), si è detta disponibile ad assumere un ruolo nella partita. «Siamo pronti a sostenere l’accordo temporaneo sia finanziariamente sia operativamente attraverso le agenzie europee», ha detto il portavoce della Commissione. A questo si aggiunge un compito di coordinamento, soprattutto in materia di rimpatri. Al momento, la gestione dei rimpatri è infatti gestita a livello bilaterale tra le singole nazioni e i Paesi di origine – un esempio per tutti l’accordo negoziato dal governo Berlusconi tra Italia e Tunisia. In futuro, invece, sarà la Commissione a negoziare con i Paesi di origine a nome di tutti gli Stati membri. Tempi previsti per rendere operativo il meccanismo temporaneo? Velocemente, auspicano gli italiani. «Due-tre mesi», precisano le fonti.
Tra gli altri temi affrontati nel corso del colloquio con von der Leyen e il presidente del Consiglio uscente Donald Tusk, c’è la questione della revisione delle regole del Patto di stabilità e del Mezzogiorno, temi su cui le prossime settimane saranno decisive per individuarne la linea. Nel complesso, l’Italia ha dato l’impressione di avere un’agenda chiara e la Commissione ha mostrato grande apertura di fronte a un governo decisamente «amico» rispetto a quello precedente. Francia e Germania sono già in prima linea nel sostenere il nostro Paese: a Parigi Macron ha parlato di «un’alleanza storica per cambiare Dublino», e a Berlino Merkel si è detta pronta a organizzare al più presto una conferenza per la stabilizzazione della Libia, in cui l’Italia avrà un ruolo da protagonista.
Francesca Sforza, La Stampa