L’esibizione in pubblico della bandiera giapponese in uso tra gli anni ’30 e ’40 avrà luogo a partire dalla cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Tokyo
Il governo giapponese ha appena autorizzato l’esibizione della vecchia “bandiera imperiale”, in uso tra gli anni ’30 e ’40 del ’900, ossia all’epoca delle campagne militari di espansione nipponiche in Asia e durante il secondo conflitto mondiale.
In base a quanto disposto dall’esecutivo del premier Abe, il vessillo incriminato, denominato “bandiera del Sole Nascente” e raffigurante un disco solare da cui partono sedici raggi, tornerà a essere issato in pubblico a partire dalla cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici di Tokyo, in programma per l’estate del 2020. Nel corso dell’evento in questione, il controverso vessillo figurerà, all’interno del Nuovo stadio nazionale della metropoli asiatica, accanto all’Hinomaru, l’attuale bandiera ufficiale del Giappone
L’ostensione del simbolo del militarismo imperiale è stata quindi giustificata dal primo ministro come la dimostrazione di un “Paese che non ha paura della sua storia e che guarda al futuro ridando vigore agli emblemi della sua antica grandezza”.
L’esibizione in pubblico della bandiera del Sole Nascente, spiega una nota diffusa dal ministero degli Affari interni e della Comunicazione, diverrà, una volta concluse le Olimpiadi del prossimo anno, obbligatoria in tutti gli uffici statali. Il vessillo incriminato affiancherà infatti l’Hinomaru sulle facciate di scuole, ministeri e sedi diplomatiche nipponiche all’estero.
La decisione del governo Abe ha subito provocato l’indignazione delle ong locali impegnate nella promozione della cultura pacifista, che hanno accusato il premier di “solleticare” i sentimenti revanscisti e nazionalisti che hanno trascinato la nazione nella tragedia della guerra e del bombardamento nucleare di Hiroshima e Nagasaki. Ad esempio, l’organizzazione Democratic Youth League of Japan, legata al Partito comunista nipponico, ha dichiarato che l’atto di innalzare in pubblico la bandiera in uso tra gli anni ’30 e ’40 costituirebbe “becera propaganda militarista” e ha poi imputato alle autorità di Tokyo la volontà di trascinare il Paese in “nuove avventure colonialiste all’estero”.
Alle critiche lanciate dalle ong giapponesi hanno subito fatto seguito quelle avanzate dalle istituzioni di Paesi, come la Corea del Sud e la Cina, che hanno subito in passato l’occupazione militare nipponica. Il ministero degli Esteri di Seoul, tramite un comunicato, ha appunto chiesto al Comitato Olimpico Internazionale di “revocare” l’assegnazione a Tokyo dell’organizzazione delle Olimpiadi del 2020, in quanto, oltre a essere già macchiate da scandali finanziari, saranno “disonorate” dalla presenza di una bandiera “inneggiante a spargimenti di sangue e all’oppressione dei popoli del mondo”. Lo stesso documento precisa quindi che le autorità coreane reagiranno alla mossa “revanscista” di Abe con un “boicottaggio” delle merci provenienti dalla nazione del Sol Levante.
Anche Pechino ha tuonato contro il via libera del Giappone all’ostensione del controverso vessillo. Il ministero degli Esteri cinese ha appunto commentato, mediante una nota, la sortita nipponica paragonando le Olimpiadi di Tokyo del 2020 a quelle di Berlino del 1936, accomunate dal “profluvio di simboli celebrativi del fascismo”.