Google sta segretamente usando pagine Web nascoste che forniscono agli inserzionisti i dati personali dei propri utenti, scalzando le sue stesse politiche e aggirando le normative sulla privacy dell’Ue che richiedono consenso e trasparenza. È questa l’accusa – secondo quanto riporta il Financial Times – che uno dei suoi concorrenti minori, il web browser di nicchia Brave, ha formalizzato con tanto di prove contro Big G nell’ambito di un’indagine condotta dall’Autorità irlandese per la protezione dei dati, che supervisiona il business europeo di Google.
La notizia arriva in un giorno già complicato per Mountain View, che ha accettato di pagare una multa record da 170 milioni di dollari per chiudere l’inchiesta della Federal Trade Commission (Ftc) e dello Stato di New York su Youtube, accusata di aver violato la legge sulla privacy dei bambini.
Di gestione sleale dei dati personali si parla anche nell’indagine irlandese. Qui l’Autorità di controllo sta indagando per capire se Google utilizza dati sensibili – come razza, salute, preferenze politiche dei suoi utenti – per indirizzare gli annunci. Nel dossier fornito al Garante, Johnny Ryan, responsabile di Brave, ha affermato di aver scoperto le pagine Web segrete mentre cercava di monitorare il modo in cui i suoi dati venivano scambiati sulla piattaforma di scambio dei dati (advertising exchange) di Google, azienda precedentemente nota come DoubleClick.
La piattaforma di scambio, che ora si chiama Authorized Buyers, è la più grande casa d’aste pubblicitaria in tempo reale del mondo, che vende spazi pubblicitari su internet.
Ryan ha scoperto che Google lo aveva etichettato con un tracker identificativo che forniva a società terze che accedevano a una pagina Web nascosta. La pagina non mostrava alcun contenuto ma aveva un indirizzo univoco che lo collegava all’attività di navigazione di Ryan.
Utilizzando il tracker di Google, che si basa sulla posizione e sul tempo di navigazione dell’utente, le aziende potrebbero abbinare i loro profili di Ryan e il suo comportamento di navigazione sul web con i profili di altre società, per inviargli annunci pubblicitari mirati.
Il signor Ryan ha trovato sei pagine separate che espellevano il suo identificatore dopo un’ora di consultazione di siti Web sul browser Chrome di Google. L’identificatore conteneva la frase “google_push” ed è stato inviato ad almeno otto società adtech.
Interpellato dal FT, un portavoce di Google ha dichiarato che la società non ha visto i dettagli delle informazioni inviate dal sig. Ryan all’Autorità di regolamentazione e che ha collaborato alle indagini in Irlanda e nel Regno Unito sulle sue attività pubblicitarie. Il portavoce ha aggiunto: “Non offriamo annunci personalizzati né inviamo richieste di offerte agli offerenti senza il consenso dell’utente”.
L’esperimento di Ryan è stato riprodotto dall’analista Zach Edwards, che gestisce la società di consulenza tecnica Victory Medium. Ha reclutato centinaia di persone per testare i comportamenti di Google per un mese. Hanno scoperto che l’identificatore era davvero unico ed è stato condiviso tra più società pubblicitarie per migliorare le loro capacità di targeting. Ora si attendono gli sviluppi dell’indagine irlandese.
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