La carriera di un eterno ragazzo di talento che da bambino già suonava il piano
(di Cesare Lanza per Il Quotidiano del Sud) Peppino di Capri (all’anagrafe Giuseppe Faiella, Capri, 27 luglio 1939) sabato ha festeggiato il suo ottantesimo compleanno. Ha vinto due volte il Festival di Sanremo, nel 1973 e nel 1976. Ha venduto 30 milioni di dischi e dice di avere un cuore, fondamentalmente, rockettaro. Però è popolarissimo come interpete sublime di canzoni d’amore. Figlio e nipote di musicisti: «Il mio primo giocattolo è stato un pianoforte». Precocissimo, con una dote rara, il cosiddetto orecchio assoluto. Esordio in un locale di Capri, “Number two”, che esiste ancora oggi, non aveva neanche l’età della pubertà., ma già era apprezzatissimo dal pianista Mario Perrone “maestro di pianobar”. Nel 1953 – a 14 anni – nacque il Duo Caprese insieme allo storico batterista Ettore “Bebè” Falconieri. Poi, i Capri Boys con Mario Cenci alla chitarra, Gabriele Varano al sax, Pino Amenta al basso. Peppino suonava il pianoforte, ma non cantava ancora. «Fu in una delle serate capresi che cantai per la prima volta. Il vocalist era dovuto andar via per un ballo serata era a rischio. Dovevamo esibirci al ‘Gatto Bianco’, un ritrovo storico a quei tempi. Vinco la timidezza e canto. Un successo, me l’aspettavo. E sono diventato cantante… I miei idoli sono stati Robert De Niro ed Eduardo De Filippo. Eduardo, l’ho incontrato all’Hotel De Londres. Leggeva il giornale in poltrona. Mi fa: “Guaglio’ aràpete nu ristorante”. Resto interdetto non gli piace come canto? Dopo un po’, aggiunge: “La gente dovrà mangiare sempre”. Sei anni dopo, stessa scena, senza alzare lo sguardo, mi dice: “Te sei arapùto ‘o ristorante?» (da una intervista ad Arianna Finos).
A ISCHIA, TRIONFO CON BABY GATE RIVELAZIONE, SI CHIAMAVA MINA
«Da ragazzo amavo ascoltare le radio di tutto il mondo. Ero un vero appassionato. Registravo quello che andava in onda e, quando la sera tornavo dal night, riascoltavo le novità… Fu a Ischia, nel 1958, al night ’O Rangio Fellone (“il granchio fellone”), che diventammo l’attrazione dell’isola. Ischia era molto mondana: ci venivano in vacanza attori, registi, gente dello spettacolo, che impazzivano per noi e per Baby Gate, le novità di quell’estate. Che stagione! Mina, alias Baby Gate, cantava al Moresco: chi finiva prima andava a sentire l’altro. Poi, tutti insieme con i rispettivi musicisti, via a svegliare i ristoratori del porto per un piatto di spaghetti. […] Una sera arrivò una telefonata dalla Carish che ci convocava a Milano per un disco di prova.» Era il 1958. «Mettete su una decina di pezzi-campione», ci dissero. «E noi incidemmo i nostri cavalli di battaglia: soprattutto vecchie canzoni napoletane che avevo ascoltato da mia madre e rielaborato con sonorità più moderne, rockeggianti, terzinate» (intervista a Valeria Gandus). Il compenso sarebbe stato di cinquantamila lire a brano, per un totale di dieci brani. Peppino e la band raggiunsero Milano a bordo di una Fiat 1100 beige un po’ sgangherata. Fecero i provini e tornarono a Capri, dove Peppino fu raggiunto da una telefonata. Da Milano gli chiesero quale fosse il nome del cantante dei provini registrati. Peppino, emozionato, non sapeva che cosa rispondere. Il colpo di genio l’ebbe Cenci, il chitarrista della band, che gli chiese: «Scusa, tu come ti chiami?».«Peppino».«Di dove sei?». «Di Capri».«Perfetto. Peppino di Capri sarà il tuo nome». E così “Peppino di Capri e i suoi Rockers” fu l’etichetta della band. Peppino aveva vent’anni. L’album delle incisioni milanesi arriva nei negozi mentre Peppino di Capri e i suoi Rockers infiammano le notti romane. «Suonavo al ‘Kit Kat’ e andavo sempre in un negozio di dischi all’angolo. Dell’album, nessuna traccia: pensai che non fosse ancora uscito. Quando ne chiesi notizia alla commessa del negozio, lei mi rispose che l’album era uscito ed era andato esaurito in pochi giorni. La commessa mi disse che non s’era mai registrata una simile vendita da tutto esaurito per un gruppo al debutto».
VOCE ‘E NOTTE, I TE VURRIA VASA’ FINO AI GRANDI TRIONFI DEL TWIST
Inizia l’ascesa verso il successo. E Capri lo incorona. “La banda di Scialapopolo venne a prendermi al porto», ricorda Peppino.Escono contemporaneamente 45, 33 e perfino tre 78 giri dal sound per l’epoca innovativo. Titoli come ‘Let Me Cry’, rifacimento in inglese di Nun parlà!, ‘Nun è peccato’ di Carlo Alberto Rossi con arrangiamento terzinato, e soprattutto la versione di ‘Malatia’ di Armando Romeo per metà in napoletano e per metà in inglese. Nel 1959, ecco una versione a terzine della gloriosa ‘Voce ’e notte’: il pubblico più attempato grida allo scandalo, ma Di Capri è ormai in cima alle classifiche, così come con un altro classico napoletano, ‘I’ te vurria vasà’, qualche mese dopo. Il cantante dalla voce nasale intanto prende a prestito successi statunitensi da lanciare in Italia: a volte li esegue nella nostra lingua (‘Nessuno al mondo’, ossia ‘No Arms Can Ever Hold You’ di Pat Boone, successo del 1960), altre volte li propone con testo originale, rielaborando l’arrangiamento, come con ‘Let’s Twist Again’.nel 1961. Il trionfo di questo pezzo fa di Peppinodi Capri il divulgatore italiano per eccellenza del nuovo ballo, sicché il 1962 è praticamente dominato dai suoi successi a tempo dit wist (la notissima ‘St. Tropez’, ma anche ‘Daniela’ e ‘Speedy Gonzales’ (secondo la rievocazione di Cesare Borrometi). Questa è la prima parte di una carriera favolosa. Se i lettori gradiscono, proporremo anche le vicende più recenti. Intanto, auguri, Peppino.