Sull’uccisione della baronessa i racconti dei cantastorie, pagine sui libri e sceneggiati tv
LA BARONESSA LAURA DI CARINI UCCISA DA CESARE LANZA NEL 1500
(di Cesare Lanza per Il Quotidiano del Sud) Qualche giorno fa, soprattutto per scherzare sull’omonimia con il barone Cesare Lanza vissuto nel 1500, mi sono occupato di Laura Lanza di Trabia, più nota come la baronessa di Carini (Trabia, 7 ottobre 1529 – Carini, 4 dicembre 1563), protagonista e vittima di una famosa e tragica vicenda siciliana. Da sempre il pubblico ne è impressionato: dopo secoli il Castello di Carini – dove la baronessa visse e fu uccisa – èvisitabile tutti i giorni, domenica compresa. Laura fu uccisa dal padre Cesare, che la sorprese (secondo la versione ufficiale) in compagnia dell’amante. E i cantastorie non hanno mai smesso di celebrarne la storia.
COSÍ I CANTASTORIE RACCONTANO IL DELITTO, COSÌ GIGI PROIETTI
«Lu primu corpu la donna cadiu, l’appressu corpu la donna muriu. Nu corpu a lu cori, nu corpu ‘ntra li rini, povira Barunissa di Carini». Era la voce di Gigi Proietti a cantare in siciliano “l’amaro caso” della giovaneLaura. E ancora gira la voce che nel castello normanno di Carini, di notte, si aggiri la sua presenza ultraterrena, il fantasma che piange ancora per la triste sorte che ebbe secoli addietro. La leggenda popolare narra che apparea nche la sua impronta, il segno della sua mano sporca di sangue. L’episodio risale al 4 dicembre 1563 quando la Sicilia era vicereame di sua Maestà Cattolica Filippo II di Spagna.
UN DELITTO ATROCE E IMPUNITO ENTRATO NELLA LETTERATURA
Il delitto atroce rimase impunito, ma entrò nella memoria collettiva della cultura siciliana, sia nelle cronache che nella letteratura. Per la prima volta nel 1870 Salomone Marino, raccolse questi versi in cui si fa rivivere l’effe atezza del crimine: «Vju viniri ‘na cavalleria chistu è mè patri chi veni pri mia! Signuri patri, chi vinistivu a fari? Signura figghia, vi vegnu a‘mmazzari. Signuri patri, aspettatimi un pocu. Quantu mi chiamu lu me cunfissuri. Habi tant’anni ch’un t’ha confissatu, ed ora vai circannu cunfissuri? E, comu dicist’amari palori, tira la spata e cassaci lu cori; tira cumpagnu miu, nun la sgarràri, l’appressu corpu chi cci hai di tirari! Lu primu corpu la donna cadìu, l’appressu corpu la donna muriu»
UNO SCENEGGIATO TIVÙ NEL 1975 CON PAOLO STOPPA E UGO PAGLIAI
Al grande pubblico italiano la vicenda arrivò con l’enorme successo dello sceneggiato L’amaro Caso della Baronessa di Carini, nel 1975, con la regia di Daniele D’Anza e con un cast eccezionale formato da Adolfo Celi, Ugo Pagliai, Paolo Stoppa, Vittorio Mezzogiorno, Enrica Bonaccorti, Janet Agren. E Gigi Proietti cantava la sigla iniziale, su testo del grande cantastorie calabrese Otello Profazio. « Chianci Palermu, chianci Siracusa a Carini c’è lu luttu in ogni casa. Attorno a lu Casteddu di Carini, ci passa e spassa nu beddu cavaleri. Lu Vernagallu di sangu gintili ca di la giuvintù l’onuri teni. “Amuri chi mi teni a tu’ cumanni, unni mi porti, duci amuri, unni?” Vidu viniri ‘na cavallaria. Chistu è me patri chi veni pi mmia, tuttu vistutu alla cavallarizza. Chistu è me patri chi mi veni a ‘mmazza. Signuri patri, chi vinistia fari? Signora figghia, vi vegnu a ‘mmazzari. Lu primu corpu la donna cadiu, l’appressu corpu la donna muriu. Nu corpu a lu cori, nu corpu ‘ntra li rini, povira Barunissa di Carini».
DUE COLPI DI ARCHIBUGIO, LA FINE DEGLI AMANTI COLTI IN FLAGRANTE
Laura era nata a Palermo nel 1529, da Cesare Lanza, barone di Castania e di Trabia, e da Lucrezia Gaetani: per un matrimonio di convenienza fu data in sposa a soli 14 anni a Vincenzo La Grua Talamanca, figlio del barone di Carini. Dal matrimonio conil barone, Laura ebbe sei figli: Eleonora, Lucrezia, Maria, Cesare, Ottavio, Tiberio. Pur possedendo un palazzo a Palermo, vivevano nel castello di Carini, e qui conobbe il cugino, Ludovico Vernagallo. E se ne innamorò. La relazione si protrasse per due anni all’insaputa del marito, che non doveva avere rapporti frequenti con la moglie: Vernagallo s’introduceva di notte nelle stanze della baronessa, novello Romeo con una scala di corda, usava restarvi “por dos o tres meses seguidos comiendo y durmiendo con ella”. Il silenzio più assoluto fu osservato dalla servitù, sicuramente a conoscenza della relazione, e dagli abitanti tutti di Carini,che qualcosa dovevano pure sapere. La tragedia scoppiò all’improvviso, sabato 4 dicembre 1563, ma per l’intervento del padre, non del marito. Quel giorno il Lanza aveva deciso di passarlo con la figlia a Carini, dirigendovisi da Palermo a cavallo con un piccolo seguito di cinque persone. All’approssimarsi del castello, mandò avanti un servo ad avvertire il genero e la figlia del suo arrivo. Appresa la notizia nella sala del castello (dove lo trovò il servo del suocero) il barone si precipitò a comunicarla alla moglie.La trovò nelle sue stanze con il Vernagallo e ne uscì stravolto. Disse al servo che lo interrogò sul suo turbamento che avrebbe voluto uccidere ad archibugiate il Vernagallo, sorpreso in flagrante adulterio con la moglie. Ma non lo fece, aspettò invece l’arrivo del suocero che non tardò. Violento e spietato, ma soprattutto geloso della figlia, egli decise sull’istante di ucciderla insieme all’amante. Concertò rapidamente l’assassinio con il genero: seguito da lui entrò nelle stanzedella baronessaele fece sgomberare dalla servitù che vi si tratteneva: due colpi di archibugio segnarono la morte dei due amanti.